di Don Backy
Per soddisfare i nostri gusti musicali non obblighiamoci a essere esterofili
Eccomi di nuovo a concludere il lungo discettare sulle ritmiche terzine e duine, che – se opportunamente rivalutate da canzoni e artisti oggi popolari – potrebbero risultare essere una tendenza (o trendy) attualissime. Di tanto in tanto mi ci sono divertito (è il caso di dirlo) anch’io. Conoscete ormai la mia passione per le canzoni di quel periodo, e – nonostante la mia scarsa visibilità sul mercato – non mi faccio mancare l’occasione per riproporre tali atmosfere. Brani come Magica Magia, o anche la stessa Atmosfera, facenti parte di album ancorchè misconosciuti (Spring, Summer, Autumn&Winter e Finalmente), ripropongono – pari pari – il clima di quegli irripetibili anni. Senza contare l’aver portato alla luce recentemente . A colonna sonora della mia trilogia letteraria – su un Cd dal titolo Memorie di un Juke box (introvabile nei negozi), le primissime canzoni da me scritte ( anni ’58 e su fino al ’67), che conservavo gelosamente su nastrini (Geloso G256) fin da allora, collaborando con musicisti dalla provata stagionatura epocale (vedi Gino Santercole), con relativa strumentazione. Ne è venuto fuori un lavoro assolutamente godibile – specie per quelli che hanno vissuto quei momenti – ancora oggi in grado di suscitare emozioni, anche con testi anacronistici ( o – considerando tutta questa intellettualità che c’è in giro – forse proprio per quello). A parte il fatto-quindi- di aver bruciato il patrimonio inestimabile della nostra neonata cultura musica/leggere ( è vero, torno spesso sull’argomento, ma mi sta particolarmente a cuore), per far posto a un generismo falsamente cantautorale, dove sta scritto che una fetta di pubblico non potrebbe (e non può) continuare ad amare un certo genere più consono ai propri gusti? Nei nostri discorsi, mi è capitato sovente di sentir dire: i giovani sono, i giovani preferiscono, i giovani amano, i giovani si drogano, affastellandoli tutti insieme, come se essere giovani fosse un luogo comune e non un’età carica di milioni di gusti e di sfumature differenti e personali. Allora, io dico che noi italiani – in questo specifico – siamo un popolo senza personalità e forse senza indole, pronti a farci fagocitare da mode straniere, introducendo così – senza alcun ritegno – culture estranee alla nostra personalità e storia, solo per mero interesse di bottega. Viva l’Italia.
RadiocorriereTV n° 28 11/7/00