Viva Daniele e Bindi

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Quando il testo vince sulla melodia Canzoni come Napule è o Arrivederci sono immortali

Eccomi come di consueto a proporvi, attraverso alcuni esempi, la ragione del mio teorizzare sulla maggior validità delle parole rispetto alla melodia. Penso infatti che un brano (tra i suoi tanti altri) come Napule è, di Pino Daniele, non abbia motivo per temere il trascorrere del tempo, così come Arrivederci di Bindi o la mia Sognando. Come fa a invecchiare il concetto contenuto nella frase : “Io credo che nel buio più profondo una candela brillerà” (Poesia .1967), che ha ormai più di trent’anni, ma potrei scriverlo fra altri trenta anni e – a mio parere – sarebbe sempre attuale? Oppure in ” Sassi che il mare ha consumato, sono le mie parole d’amore per te”(insieme ovviamente a mille altre di questo livello), che potranno essere collocate in un tempo preciso solo attraverso la parte musicale, ma se estrapolate da questa e soltanto lette, non avranno da temere collocazioni temporali di sorta. Le ritmiche delle stesse canzoni invece (terzinati, slow, valzer lenti), passate di moda, le costringono nel passato, togliendo loro la possibilità di parlare ancora al cuore delle nuove generazioni, frastornate da mode che privilegiano sonorità e ritmica. Io ho un trio di musicisti che mi accompagna nei concerti, piuttosto giovani e amanti di ciò che si produce oggi. Mentre viaggiamo ci capita di ascoltare nuove canzoni. Ebbene, ho osservato che i loro commenti vanno sempre nella direzione di criticare quel determinato assolo di chitarra, l’abilità del batterista e varie questioni attinenti esclusivamente alla sfera tecnica. Nessuno di loro spende mai una parola su quel che hanno sentito e, se sono io a chiederlo, si accorgono che effettivamente loro ai testi non badano. Capita che io faccia ascoltare loro una vecchia canzone ed essi sono così disabituati a prestare attenzione al brano nel suo contesto totale che inorridiscono – divertiti – all’ascolto della chitarra, del rullante della batteria, o del basso che non si sente per niente, anche quando si tratta di capolavori come quelli su menzionati. Questa mia tesi la concluderò parlandovi di una bellissima canzone (per me la più bella di sempre in Italia), nel prossimo numero.

RadiocorriereTV  n° 14  4/4/00