di Don Backy
Secondo appuntamento con una riflessione musical-politica. Occorre schierarsi per avere successo?
Nella scorsa settimana ho illustrato i punti di contrasto con i quali un regista – col quale sono venuto in rotta di collisione durante una trasmissione radiofonica – tentava di dimostrarmi come la mancanza di successo commerciale (vendita dischi) che mi riguarda, non fosse tanto per una mancata appartenenza a uno schieramenti politico sinistrorso, ma per una questione anagrafica e di bontà di prodotto. Mi consigliava quindi di ritirarmi in buon ordine dalle scene. Al mio controbattere di prendere visione di una realtà piuttosto lampante, egli obbiettava che gli artisti da me menzionati – ancor oggi – sono capaci di scrivere delle belle canzoni. Al che ho provato a chiedere se avesse sentito – recentemente – qualcosa di mio e di darmene un giudizio. La sua risposta è stata negativa. Quindi il suo discernimento su di me, è pregiudizievole, proprio perché permeato dal conformismo di giudicare superati solo una parte di artisti di quel periodo e – guarda caso – tutti quelli non schierati palesemente a sinistra. Rispondo adesso ai punti della sua tesi accusatoria, espressa nella puntata precedente:
1° Salvando i meriti artistici di ognuno dei nomi fatti, non si può certo sostenere l’apoliticità di costoro. Che poi sia un caso che essi ( De Gregori, Guccini, Dalla, Vecchioni, Morandi, Jovanotti e via di questo passo), siano schierati in una certa area e che lo siano solo per fede sincera, sarà certamente così. Ciò non toglie – però – che l’acquisizione facilitata di certe concessioni, favorisca il successo. Perché : se io canto per diverse volte un brano, in trasmissioni seguitissime e in prima serata, se ottengo la sigla di una trasmissione, ecc., sarà molto più probabile che quella diventi una canzone di successo. Di conseguenza, quel personaggio di successo sarà richiesto (circolo vizioso).
2°Sono lieto di apprendere che certi virgulti raggiungono quelle vette di vendita dei loro album, ma allora, la crisi del disco (come il regista – comunque- sostiene), Dov’è?
3° Il cambio generazionale è sacrosanto e necessario (ci mancherebbe). Ciò – tuttavia – non dovrebbe comportare la automatica morte di artisti in età (col solo torto di non essere schierati).
4° Per quanto riguarda il mio berlusconismo, rivelerò che quest’accusa, non mi è nemmeno dispiaciuta. Sono da sempre un anarcoide liberale, soprattutto per una avversione verso la politica, ingeneratami da quel melassoso ragnateloso mondo, fatto (volutamente) di un eloquio criptico e demagogicamente privo di sostanza. Sarò anche un inguaribile sentimentale, ma nella mia semplicità, sono portato a credere di più a una persona, che – in un discorso ufficiale (vero o falso, sono affari della sua coscienza) – giura sulla testa dei suoi figli (quanti veri politici lo hanno mai fatto e lo fanno?), piuttosto che a quelli che difendono gli operai, veleggiando a bordo dei loro yacht (e non solo da cantautori….)
RadiocorriereTV n° 23 5/6/01