di Don Backy
Tra Nuda e Sognando, cantate dalla grande Mina, proseguono le riflessioni
Sollecitato da un ragazzo che mi aveva complimentato per la bontà dei testi di due mie canzoni – segnatamente, Nuda e Sognando, incise dalla grande Mina – una ridda di ricordi si è affollata alla mia mente, concernenti l’iter rocambolesco della loro nascita e il destino che le portò verso la Tigre di Cremona, la quale mi aveva telefonato dicendosi certa di aver ‘visto’ – in un qualche mio cassetto – una canzone adatta per lei. Mi misi quindi a scartabellare nel mio contenitore dei ‘sogni’ (dove tengo le canzoni), ma – adesso – tutte quelle liriche che vi si trovavano – e che fino ad allora mi erano parse bellissime – improvvisamente perdevano il loro fascino. Anzi, più me le canticchiavo cercando di avvicinarle alla personalità della cantante e più queste finivano per non sembrarmi adatte. La notte non chiusi occhio e al mattino – di buon’ora – ero già nel mio studio con la chitarra in mano, a cercare una qualche ispirazione che mi consentisse di creare una canzone all’altezza, che non mi facesse perdere l’occasione. Niente da fare. Dalla chitarra uscivano melodie mediocri, che si accompagnavano a concetti banali e retorici, da mestierante. Canzoncine ‘sullo stile di…’ , improponibili. La paura di dover cedere le armi e ammettere di non essere in grado di farcela, mi passò una notte tornando da un concerto. Niente strumenti sui quali strimpellare, solo un nastro d’asfalto che scorreva veloce e un cielo stellato sopra di me. Pensai a Mina. Chi diamine era quella signora? Cosa si conosceva ‘veramente’ di lei? Eppure tutti pensavano di saperne, per aver letto – o sentito – quel che si diceva e della sua vita da ‘rifugiata’. Ecco, decisi che avrei scattato una ‘fotografia’ alla grande artista. Una fotografia che – come tutte le fotografie – avrebbe mostrato solamente il corpo del soggetto, non la sua anima. E fu così che nel buio dell’abitacolo, presi a sciorinare versi, che mi parvero fossero già pronti nella mia testa e aspettasséro solo l’occasione per uscire. Sui miei soliti fogliettacci – poggiati sulla parte centrale e piatta del volante – presi a scriverli man mano che scaturivano dalla mia testa, con la penna che vergava alla cieca, seguendo una melodia, che – per non essere dimenticata – dovette necessariamente essere ripetitiva. Una volta a casa, diedi un’occhiata a quell’informe ammasso di foglietti – nonché a quanto ci avevo confusamente scritto – dopo aver decrittato quei caratteri sghembi e incomprensibili – e salvai tutto sul mio registratorino, dopodiché – molto soddisfatto di ciò che era nato – me ne andai finalmente a letto rilassato. Il giorno successivo, telefonai a Mina per dirle di quanto lei avesse ‘visto’ giusto, dal momento che – tra le mie tante canzoni – ne era saltata fuori una che ‘sembrava proprio scritta apposta per lei’. Mi chiese di recarmi al più presto a Milano, per farle un provino del brano, che – per inciso – avevo intitolato, Nuda. Così feci. Nella sua sala di registrazione – la Basilica – con l’aiuto del fonico, realizzai il provino sul nastro, quindi mi accinsi – riposta la chitarra – ad andare via. Fu solo sulla porta che mi folgorò una nuova idea. Riuscite a intuirla? Ve lo confermerà la settimana prossima.
RadiocorriereTV n° 10 11/03/03