di Don Backy
Delusioni e riflessioni concludono il mio punto di vista sulle “stampelle musicali”
In seguito a un concerto dove Little Richard mi aveva deluso, trasformando le vecchie ‘stampelle’ (canzoni) – alle quali avevo attaccato i miei ricordi di gioventù – in qualcosa di ‘moderno’ e quindi di stravolgente per tutto ciò che quelle stesse canzoni avevano rappresentato per me, mi è parso di capire l’errore che avevo fatto anch’io, cercando di trasformare con arrangiamenti diversi, alcune delle mie più belle canzoni. Ora tutto mi diventava chiaro e tutto ciò che anch’io avevo attaccato a quelle “grucce” si era sbiadito: dove erano finite infatti le emozioni che avevo riversato nelle mie ‘vecchie’ versioni? Dove era finito il pathos dal colore assolutamente unico, che avevo inserito in Non piangere stasera, dovuto al dolore che mi provocava il mio dente del giudizio, il quale cercava di farsi largo tra le mie gengive proprio quella sera e che mi aveva tormentato in quel particolare punto, ogni volta che dovevo passarci? E dove era andato a finire il batticuore provato nel portare a termine l’incisione definitiva de L’Amore, pensando alla mia ragazza (poi mia moglie) che immaginavo riconquistata (avevamo litigato), proprio grazie a quel brano, che aveva assorbito la straordinaria convergenza di tutti gli elementi necessari (melodia, armonia, arrangiamento, testo, voce), i quali si erano dati appuntamento quella notte, in quella sala, per creare qualche cosa di irripetibile in quanto a emozioni? Riascoltandole riarrangiate – mi chiedevo dove fossero finite le vibrazioni contenute un tempo in alcune di queste. Poesia – per esempio – che della leggerezza primaria non conservava che un pallido ricordo – avendo adesso perduto qualcosa della sua leggiadra semplicità – risultava un brano qualunque. Chissà, forse i giovani avrebbero anche apprezzato quella nuova versione (non conoscendo la ‘vecchia’), ma i miei ‘antichi’ fans? Quelli che ancora oggi portano impresso il tatuaggio, che quella canzone gli ha lasciato 35 anni fa, ancora inciso nell’anima, cosa avrebbero detto? E se la sensazione di delusione che provavo in quel momento fosse stata la stessa provata da loro? No. Credo sia proprio una questione di rispetto, al di là di tutto. Quando Baglioni cambia – per un suo personale e rispettabile modo di valutare queste cose – l’arrangiamento di Questo piccolo grande amore, che cosa ottiene? Bé, penso proprio niente di più che una soddisfazione personale (neanche tanta però). Ma a tutte quelle fanciulline – che ai primi degli anni Settanta, si ritrovarono in quella fotografia e sognarono il loro principe azzurro proprio viaggiando sulle ali di quel grande successo e che oggi sono diventate adulte – cosa gli va a raccontare Baglioni con la sua ‘innovazione’? Dovrebbe chiedere a loro – prima di cantarla – il permesso di poterlo fare. I veri padroni delle canzoni sono le persone che l’hanno amate così, come quando sono uscite dalla penna dell’autore. Lasciamo – noi autori – che siano altri artisti a incidere le nostre ‘vecchie’ canzoni alla loro maniera. Le nuove generazioni le apprezzeranno dai loro beniamini e alle ‘vecchie’, si scalderà il cuore ogni volta che l’ascolteranno nella versione dei loro bei vent’anni.
RadiocorriereTv n° 48 3/12/02