Solo briciole

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Quel che resta del mercato discografico, dopo le spartizioni fatte

Il grande potere è ormai solo nella prima area – e in parte nella seconda – frazionato in una decina di Clan (veri e propri bunker o ‘isole felici’), che rappresentano cantanti di prima grandezza (ripeto: quasi tutti fortemente politicizzati in un solo colore, o appartenenti alla categoria ‘giovani’), i quali al loro interno hanno tutto ciò che può servire: dall’etichetta (anche personale), agli autori, ai compositori, agli editori, a chi procura la promo, le tournèe ecc, con le loro ‘fette di competenza’ già stabilite. E’ impossibile avvicinarsi, perché gli interessi sono così enormi che nessuno potrebbe aspirare se non alle briciole (quando cioè riuscissero a ‘piazzare’ una propria canzone), avanzate dopo le richieste da parte di chi è interessato, a ‘entrare’ sui bollettini di deposito, con firme pro/quote come coautori, con quote altrettanto immeritate in co/edizioni o totali edizioni dei brani stessi. Alla luce delle regole questo iter è perfettamente legale, ma l’inaridimento della produzione è sotto gli occhi di tutti. In questo modo, accade però come per le schiatte reali, le quali si sposano sempre tra di loro. Il sangue si impoverisce di linfa vitale e i ‘figli’ – la maggior parte delle volte – nascono deboli e malati. Ma essendo ‘protetti’ – e non avendo ormai troppi confronti – continuano ad essere egemoni anche se in forte calo/vendite.Per gli autori di canzoni professionisti – che potrebbero immettere questa linfa vitale – il prodotto resta, o invenduto, o commercializzato nella seconda area con i problemi – come detto – di ghettizzazione da parte dei massmedia, e prevaricazione da parte della musica importata. Anche perché quelle/quei pochi cantanti – per cui varrebbe la pena questi autori scrivessero -sono esclusivamente alla ricerca di canzoni create dai ‘cantautori impegnati’ della prima area, un pò per una sorta di prouderie snobistica, un pò perché sanno che da questo ne scaturisce una naturale promozione da parte dei pomposi recensori. Negli autori quindi, avviene l’impoverimento della vena e – non di rado – la decisione di cambiare professione per scarsa redditività. E così, quelle opere che nascevano dal ‘colpo-di-genio’ di straordinari protagonisti della seconda area, non ci sono più. Finite in modernistiche elucubrazioni mentali, professionismi pianificati al computer, schiacciate da culture musicali di plastica, in basi e suoni completamente ‘clonati’,- grazie ai compositori – da modelli stranieri lontani da noi anni luce e che hanno appiattito qualsiasi forma di originalità. Infine, negli esasperati tornaconto personali di quelli della prima area. Certo esiste anche un ‘mercato’ -svincolato dalla ferrea logica di cui sopra – che mette a disposizione ugole formidabili. Ragazze che cantano come Whitney Huston o Liza Minnelli. ragazzi che sembrano Joe Cocker o Freddy Mercury, o Michael Jackson, che però costringono gli autori (quando anche questi non siano inseriti in clan) a scrivere (copiare) canzoni alla moda dei neri o degli inglesi, in maniera punk, funky, rap o altro, snaturando la tradizionale melodia italiana dalla linea piana e dagli slarghi improvvisi, che tutto il mondo ci ha invidiato (e ci invidia). 

RadiocorriereTV n° 24 18/06/02