SENZA OFFESA di Dario Salvatori
Da una delle frasi più celebri del grande Totò, il titolo dell’ultimo album di Don Backy, un cantautore “contro”, che vale la pena di conoscere meglio
I lettori di questo giornale ben conoscono lo stile affilato e tagliente di Don Backy. Poco portato alla reticenza, questo artista, anche quando scrive non la manda a dire. Nelle settimane scorse, proprio su queste pagine, Don Backy si è lanciato su una polemica con un noto giornalista di musica. Indipendentemente dai motivi del contendere, ha fatto bene. Complimenti al suo coraggio e alla sua reattività. Inutile dire che un altro, al suo posto, non lo avrebbe fatto, principalmente per calcolo, convenienza. Essere fuori da certi giri offre qualche vantaggio. Ma al di là delle sue qualità di polemista nato, Don Backy, fortunatamente, continua ad essere soprattutto un cantante e un compositore. Nelle settimane scorse ha pubblicato un nuovo album dal titolo Signori si nasce e io lo nacqui, una delle frasi più note di Totò, a cui il disco è dedicato. Si tratta di un disco realizzato autonomamente, con un gruppo di giovani musicisti, praticamente autoprodotto, curato dalla Cassiopea Music di Gianni Daldello e comunque lontano anni luce dalla logica delle majors e dall’attuale modo di ideare e produrre dischi (che forse è anche alla base dell’attuale crisi degli stessi). Dodici brani sostenuti da un’ispirazione guidata, accorta, in cui prevale l’aspetto narrativo, senza per questo trascurare la musica. Naturalmente c’è molto autobiografismo, mai abbandonato dal cantautore toscano, ma stavolta il lato “concept” sembra prevalere su tutto il resto. Senza contare che lavorare autonomamente significa ignorare ogni imposizione e incidere quando effettivamente se ne ha voglia. Fra i brani, in rilievo Totò, l’autobiografico Sulla strada, il grido di accusa anti-televisivo inserito in Il mio mestiere e l’iniziale Se io fossi amore, scartato lo scorso anno dalla commissione selezionatrice per il Festival di Sanremo (Don Backy avrebbe voluto presentarlo in coppia con Milva). Si può discutere – e lo faranno ancora – sul Don Backy cantante, ma bisognerebbe avere più rispetto per il Don Backy compositore. Come cantante il suo stile, forse tutto il suo personaggio, può risultare ostico, difficilmente promozionabile, questo sempre secondo certi canoni del momento, ma c’è da apprezzare sincerità e trasparenza. Senza contare che è l’unico, fra i cantanti giunti al successo nei famigerati anni Sessanta, che ha deliberatamente rifiutato ogni revivalismo. Accetta di apparire in televisione solo se, insieme ai suoi successi storici come Casa bianca, Canzone, L’immensità, L’amore (puntualmente presenti nella scaletta dei suoi concerti) gli viene concessa la possibilità di cantare anche qualcosa di nuovo.
Siccome tale possibilità è raramente accordata, Don Backy, dignitosamente, forse anche con qualche danno economico, rifiuta. Sono pochi fra i cosiddetti cantanti degli anni Sessanta a ragionare in questo modo. Per quanto riguarda il Don Backy autore bisognerebbe, invece, girare la domanda a quanti fra i cantanti delle ultime generazioni soffrono dell’endemica mancanza di brani. Sarebbe troppo lungo l’elenco di coloro che si sono autoesclusi per una cattiva gestione del proprio repertorio. Per rimanere alle donne, pensiamo alla generazione della Vanoni o a quella di Marcella, ma anche a quella di Giorgia o di Marina Rei, alla continua e stressante ricerca di un brano, di un guizzo, di una trovata all’interno di un brano. Niente di tutto ciò. Gran parte di queste cantanti, soprattutto quelle più giovani, soffrono di un complesso di appartenenza preferiscono cioè affidarsi ad autori del loro giro, artistico e privato, poco importa se manca la materia prima, ovvero l’ispirazione. Mai si affiderebbero ad un autore di un’altra generazione, defilato e un pò fuori dal giro, come è appunto Don Backy. E questa è pura cecità artistica. Se all’estero si comportassero allo stesso modo non avremmo avuto un Elvis Costello cantare stupendi e recenti brani di Burt Bacharach. Un esempio come un altro per condannare uno stato di cose bieco, provinciale, tutto italiano. Fortunatamente Don Backy soffre limitatamente di tutto ciò. Speriamo che i brani del suo Signori si nasce e io lo nacqui non vengano esclusi dalla programmazione radiofonica. In quel caso farebbe bene a protestare a suo modo, come ha sempre fatto.