di Don Backy
Conclusioni sul “caso Sanremo” e la debolezza del prodotto canzone
Sto tentando – sempre con l’obbiettivo principale di esprimere la mia opinione – di dare una spiegazione alla ormai cronica scarsa presa sul pubblico del prodotto disco/canzone, in generale, ma – in questo caso – segnatamente al Festival di Sanremo da poco conclusosi. Quel ‘carrozzone’ che potrebbe essere un ottimo show del sabato sera (magari decurtato di almeno due ore), ha perduto completamente la sua funzione di trampolino per le canzoni. La colpa? Senza volerla addossare solo agli interessi delle industrie – che fanno il loro mestiere – è in gran parte imputabile alla pubblicità. All’epoca, l’equazione era presto fatta:Tu industriale, sponsorizzi la mia trasmissione e io ti garantisco una quantità di pubblico attraverso i vari accentratori, che sono i cantanti più in voga e richiesti. Questi ultimi – facilitando il lancio del proprio disco – accettavano di buon grado la partecipazione nelle varie trasmissioni, che diventavano – per effetto convenienza – sempre più zeppe di spot pubblicitari. La cosa è andata avanti fino a quando i cantanti hanno avvertito i primi segni di ‘decadimento di interesse’. Molti si sono quindi defilati, altri hanno continuato a presenziare, ma – rendendosi conto della loro scarsa attrattiva – i vari autori, presentatori e quant’altri hanno in mano il casting delle varie trasmissioni, li hanno relegati in ruoli sempre più marginali, supportandoli con una miriade di altri personaggi di varia estrazione. Prendendo il caso di Sanremo – appunto – abbiamo visto comici, artisti stranieri, nani, ballerine, baci in bocca, putipù e ‘vallette’, le quali non si sono più limitate a svolgere la loro specifica mansione di introduttrici dei veri protagonisti (i cantanti e le canzoni, ricordate?), ma – sollecitate dalla organizzazione (sempre alla ricerca di nuovi specchietti per le allodole da proporre agli sponsor) – hanno offerto a loro volta canzoni (benedette ragazze, volete cantare? Iscrivetevi e partecipate alla gara perdio). Poi ci sono stati gli stranieri, che ancora hanno cantato (senza rischi e via). Poi gli stessi partecipanti, i quali hanno improvvisato il cosiddetto minishow (sic!), ricantando (dagli!) qualche successo passato. Insomma una vera e propria confusione musicale, che ha diluito l’interesse verso i brani partecipanti alla gara (già carenti di livello di per sé). Del resto, l’industria ha sempre più bisogno di nuovi volti e miti, per attrarre pubblico, e – adesso che i cantanti hanno fatto il loro tempo – sono diventati i calciatori quelli più appetiti. Non a caso a Sanremo c’era tutta la Juve a cantare (ci mancavano pure loro). Credo che il Festival debba tornare a essere una veloce vetrina di canzoni. Come un tempo. Con ‘vallette’ che siano belle e intelligenti, come poteva essere – tra tante – la dolce Gabriella Farinon, la quale con garbo, annunciava: Di Don Backy, Bianchi cristalli sereni. È la storia di un amore sofferto, ma pieno di speranza. Canta, Don Backy . E usciva delicatamente dalla comune, lasciando l’artista – nel silenzio calato in sala – alla sua tensione emotiva, che avrebbe trasmesso anche oltre lo schermo, determinando nel pubblico una sana emozione.
RadiocorriereTV n° 17 29/04/03