Ecco altri consigli pratici per capire cosa serve per studiare canto
Ho ricevuto-in seguito alla pubblicazione del capitolo sulle Scuole di canto (musica leggera), un bel pò di e-mail, e – a parte qualcuna discordante che ritiene necessarie queste scuole (saranno mica i professori?) – le altre sono tutte dalla mia parte, con considerazioni aggiuntive alle mie (che terrò presenti per quando dovrò completare il mio vademecum “Il Tebutto“), anche molto spiritose. Vado quindi avanti con la stesura di questi atipici consigli, raccontandovi alcune motivazioni per le quali – a mio parere – non convenga frequentare quelle lezioni. Ognuno poi si regoli di conseguenza e- soprattutto – usando il proprio cervello.
MOTIVAZIONI
1°) E’ indispensabile – per soli cantanti – avere una musicalità istintiva e naturale, e – se si è anche autori – un proprio mondo interiore (e quello o c’è o non c’è), mondo che – anche se per il momento non si è ancora rivelato – si sente valere la pena di essere raccontato agli altri. Il resto verrà da sé. A questo proposito mi sbilancio in un ammonimento che il mio Genio mi suggerì tanti anni fa: “Racconta le tue emozioni e fai in modo che anche gli altri le provino. Solo in quel modo, sarai in simbiosi con gli altri. Le canzoni non sono chiuse dentro gli strumenti, nei pianoforti, nelle chitarre, nelle scuole o nei vademecum. No, esse vagano – già fatte – in questa armonia universale che ci circonda. Testi e musiche. Respirale a pieni polmoni dalle esperienze che ti offrirà la vita, saranno quelle che scriverai”. Del resto il grande Michelangelo, riteneva che le sculture fossero già contenute all’interno dei grossi cubi di marmo. Bastava solo togliergli il superfluo d’intorno e sarebbero apparse (l’unico problema è che bisogna essere bravi a farlo. Appunto).
2°) Senza queste qualità di fondo, cercare di imparare a cantare – o a scrivere canzoni – è un pò come voler insegnare il congiuntivo a Gianni Minà.
3°) del resto puoi sempre chiedere ai docenti: ” A quali scuole avete imparato a fare i parolieri o i cantautori? ( e soprattutto: Quanto vi è costato?“).
4°)Dulcis in fundo, si rifletta su una risposta data dal grande tenore Giuseppe di Stefano , a qualcuno che gli chiedeva di diventare insegnante per giovani aspiranti cantanti lirici: ” O sono bravi e allora non hanno bisogno di me, o non sono bravi e allora non hanno bisogno di me”. C’è bisogno di aggiungere qualcosa? Alla prossima puntata chiuderò con le mie considerazioni sul “Festival di voci nuove”.
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