di Don Backy
Dedicato a quelli che mi considerano o troppo in anticipo o troppo in ritardo
Non so se devo considerarmi sempre in ritardo o sempre in anticipo. Rileggendo casualmente un articolo che mi riguarda – dedicato da Ernesto Bassignano qualche anno fa – il quale titolava proprio così: “Don Backy, sempre in anticipo o sempre in ritardo”, mi è venuta voglia di indagarmi un po’ – scorrendo le cose fatte anche in passato remoto – per dare una risposta, che mi auguro possa essere interessante anche a chi mi legge. Anche perché – dato questo assunto – ne varrà fuori un discorso di principio ed è quello che mi interessa fare. Non so quando posso essere arrivato in ritardo – sulle cose artistiche intendo, perché treni e aerei ne ho persi anch’io – ma a lume di naso, ricordo di essermi ritrovato – certo casualmente – sempre a precorrere i tempi. Già da ragazzo – quando ancora vivevo a Santa Croce sull’Arno, il solo fatto che tentassi di introdurre (anno 1956) – seguito da un manipolo di volenterosi aspiranti Stallone – quella nuova pratica allora chiamata ‘culturismo’ (oggi ‘fitness’), attraverso l’uso di bilancieri e manubri costruiti in maniera artigianale, usando – cioè – barattoli di tonno e alici sott’olio di diverse misure, riempiti di cemento a presa rapida e collegati da robusti manici di scopa, in un momento in cui tale pratica era del tutto sconosciuta (se non da alcuni appassionati nelle grandi città), mi attirò tutta una serie di ‘critiche’ (termine benevolo per definire – altrettanto benevolmente – le ‘prese per i fondelli’, rendendomi una specie di zimbello per gli strali sarcastici dei miei concittadini (oggi, almeno un paio di quei ragazzini che seguivano ciecamente le mie ‘stramberie’, sono proprietari di vere e proprie palestre). In quello stesso periodo, l’avvento del rock and roll, attraverso il film Senza tregua il Rock and roll, vide nascere in me l’entusiasmo per quel genere. Di conseguenza, mi gettai a capofitto nell’avventura così elettrizzante e innovativa della musica leggera, senza pensarci due volte. Non che altri ragazzi non avessero ricevuto lo stesso imput da quella musica – che rappresentava una vera e propria frustata nelle – ma i primi esploratori di quel nuovo modo di cantare disarticolandosi in contorcimenti (che mettevano a repentaglio la spina dorsale almeno all’altezza della quarta e quinta lombare), nascevano nelle grandi città. Se si tiene presente che il mio piccolo paese era (ed è) anche – come già detto – la sorgente del sarcasmo (anche crudele), ecco che la mia nuova decisione sollevò molte perplessità tra gli amici e tra coloro che mi volevano bene. Nonostante questo, l’andare controcorrente fu per me quasi uno stimolo a farcela, per poter dimostrare – specie a me stesso- che a tutti i costi, bisogna pensare col proprio cervello e difendere strenuamente ciò in cui si crede, così come affermava ( e ho già avuto modo di dirlo) Pound e cioè, grossomodo: “ Se qualcuno non è capace di difendere le proprie idee, o non sono valide le idee o non è valido l’uomo”. Ora, nei miei confronti si potrà dire di tutto, tranne che non sono capace di sostenere una mia presa di posizione, anche a costo di rimetterci qualche interesse. Vedremo in seguito quali sono state.
RadiocorriereTV n° 34 27/08/02