di Don Backy
All’ultima serata di passione e gloria (era il 1968) ritrovai le mie due composizioni sedute sulla seconda e terza poltrona della classifica finale. Il palco. Il palco divenne un informe carnaio. Pacche e strette di mano solleticavano la mia vanità, già ampiamente stimolata dalla consegna di ben sei medaglie d’oro, che erano il premio per il compositore dei due brani. Detto Mariano – che mi aveva seguito – transfuga dal Clan – abbracciava ora la Vanoni, ora la Sannia, ostentando una di quelle medaglie che gli avevo regalato per ricordo. Isterismi e delusioni continuarono ad abitare gli esclusi. D’un tratto notai quel tale Eligio La Valle (che si era prestato a firmare Casa Bianca, affinché potesse essere presentata al Festival, cosa ormai da regolamento impossibile da fare per me, visto che avevo già presentato Canzone), il quale tentava in qualche modo di inserirsi nel contesto, accreditandosi quale autore. Sentii ribollirmi il sangue, mentre mi avvicinavo a lui, minaccioso: “Scendi di qui, se no ti faccio volare giù dal palco..”, gli sibilai in prossimità della scaletta laterale di accesso. Ravera intervenne: ” Statte bbono…ma non lo vedi che er Festival l’hai vinto te..”. Al solito ristorante La Maona anche Luigi Campi parve pensarla allo stesso modo. ” Il festival l’ha vinto chi doveva vincerlo, ma… l’hai vinto tu lo stesso”. Quelle profetiche parole trovarono una ulteriore conferma il giorno seguente. Elio Borroni, il mio produttore, entrò nella stanza dell’hotel dove eravamo riuniti e si decise a dispiegare il quotidiano La Notte, che a tutta prima pagina titolava: ” Don Backy vince senza cantare”. Nota: Nel 2000 pensate quindi che io possa emozionarmi per certe canzoni che servono tristemente solo da contorno a nani e ballerine di questo fantasmagorico circo equestre? Spiacente. Io sto parlando di emozioni e di passioni, non di specchietti per le allodole.
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