di Don Backy
Dopo la passione, ecco il secondo ingrediente per comporre una canzone
E siamo arrivati a parlare del secondo ingrediente dal quale non si può prescindere quando si intendesse scrivere una canzone. Per farlo, mescolerò due momenti magici – descritti all’interno dei miei volumi Beat e C’era una volta il Clan, riguardanti però lo stesso tema: “….Cominciava ad albeggiare quando Sky scese le scale della casa di lei, per tornarsene all’hotel dei Pini. L’aria, gli parve profumasse ancora di quel fiore. Nella sua testa prese a mulinarci un motivetto stornellato, con parole adatte per gridare a Roma la sua felicità: “Quanto sò felice Roma / Quanto sò felice Roma, per amore…”/– urlò nell’abitacolo. Un camion che innaffiava le strade procedeva spruzzando alti getti in via Veneto. Lo superò lentamente, infilandosi in quella galleria d’argento, sotto Porta Pinciana. Stordito d’amore- ebbro per quell’atmosfera serena – procedette sognante. Aveva amato ragazze bionde, brune, rosse, magre, alte, carine, bellissime, grassocce, basse, ma nessuna di esse si era mai trasformata in Musa… Quel trenta luglio non lo avrebbe più dimenticato. In quella macchina scassata, sentì che non avrebbe mai più inciso brani americani -o di chicchessia – capì di aver trovato quella penna/specchio, che lo avrebbe finalmente aiutato a raccontare il suo mondo interiore. Adesso vedrai che tutto cambierà, questo è l’altro ingrediente da mescolare alla Passione. Sono condizioni obbligate per stabilire i contatti con ogni cosa…- gli disse il Genio, anticipandogli che la canzone vera, sarebbe stata non quel piccolo cammeo un pò irriverente e cialtrone in romanesco, ma una canzone d’amore e – quando fosse arrivata – l’avrebbe riconosciuta senza avere dubbi. Non ci fu bisogno però, che gli dicesse anche a chi l’avrebbe dedicata. ” Al momento, gli ritornarono alla mente le parole del Genio: Racconta le tue emozioni e fai in modo che anche gli altri le provino, solo in quel modo, sarai in simbiosi con la gente…Ciò che solcava l’aria in quel momento, fu per lui uno start, una messa in moto in grado di far partire un universo interno, fino a quel momento immobile… Prese a raccontare il suo stato d’animo, guardandosi dentro come non ci si era mai guardato – con la speranza di trovarsi come non aveva mai sognato – quasi fosse un gioco un pò perverso di mostrarsi in certi aspetti intimi, con la falsa certezza di non essere visti, illuminando la figura di lei con immagini universali. Un modo di parlare d’amore assolutamente lontano dai canoni consueti usati fino ad allora. Avvertì, immediata, la sensazione di trovarsi di fronte al suo specchio interiore. Scrisse il titolo di quella che stava per diventare la sua prima, vera canzone da cantautore – da dedicare a Maria Lilith – conscio che si trattasse anche del secondo, indispensabile elemento occorrente: l’ Amore. Non poteva essere che così”.
RadiocorriereTV n° 46 14/11/00