Noi vent’anni li abbiamo nel cuore

A cura di Renata Mallia

In attesa del suo nuovo cd e del primo volume della Trilogia di Memorie di un Juke Box, incontriamo Don Backy per parlare di musica, poesia, fumetti e altro ancora

di Yuri Sartori

Come collochi ‘Don Backy’ nel panorama musicale italiano?

Mi sono sempre sentito in una personale dimensione che sta tra il Modugno popolaresco e il Paoli un po’ più sofisticato.

Colpisce nei tuoi testi questa voglia sempre accesa di sognare, immaginare. E’ questa secondo te la strada migliore per resistere nel mondo, o ci vuole dell’altro?

Le tematiche che solitamente tratto, mi estrapolano da un tempo preciso (poesia, l’amore, l’immensità, sognando, fantasia, l’artista, terra, sulla strada, immaginare, il pianeta del sole…) collocandomi in un contesto poetico un po’ diverso dalle solite ‘labbra da baciare’ e ‘capelli da accarezzare’, pur parlando dell’amore in senso universale. La poesia sottoforma di canzone certamente non basta a ‘resistere nel mondo’, ma – se seguita e compresa senza pregiudizi legati ad un becero malinteso giovanilistico – può certamente contribuire a farlo.

Con “Terra” sembra che tu abbia un rapporto contraddittorio con la natura. Ma la natura cosa deve insegnare all’uomo per raggiungere una certa maturità?

Sì, vi si legge una sorta di amore-odio, ma con un po’ più di attenzione, si può facilmente arrivare a ‘sentire’ che la ‘tirata di orecchie’ è per l’uomo che la abita e che la sta distruggendo. Dovremmo essere in grado – attraverso la natura – di comprendere la vastità del creato, che noi ‘…formiche che si gonfiano di boria sotto il piede della morte’ (da: “Il pianeta del sole”), vorremmo stupidamente dominare per il nostro miserabile tornaconto.

In “L’artista”  descrivi la parte positiva dell’essere appunto artista ma quali sono gli aspetti più negativi?

Sicuramente la mancanza di qualsiasi obbiettivo idealistico/poetico. Tutto è rivolto, ormai, al lucro, al guadagno, ai miliardi. Nessuno più che parta lancia in resta, per cercare di conquistare il mondo con la forza delle sue canzoni, dei suoi colori, senza l’inquinamento dell’obbiettivo ‘arricchimento’. Non vedo più – questo ‘mestiere’ – appannaggio di sognatori (Ali), ma esclusivamente di cinici mestieranti senza più castelli in aria.

Che rapporto hai con i giornalisti? “Ghetto” è contro di loro?

E’ contro un certo tipo di giornalisti. Mi riferisco – chi più chi meno – ai recensori in generale. Ad esempio: proprio ieri su un quotidiano ho letto la recensione di un cd di Jagger, da uno di loro che va per la maggiore. Ebbene, era tutto uno sbrodolamento sulle qualità rock del nostro, della sua voce – anche se sgraziata – ma vera, cruda, aggressiva, che riusciva finalmente a rendere l’essenza di quel che diceva proprio grazie a queste qualità. Niente da obbiettare, evidentemente, se non fosse per il fatto che – il recensore – contrapponeva tutte queste straordinarie qualità, all’assoluta mancanza (in Italia) di artisti del genere, e – in maniera anche offensiva – trattava i nostri peggio di come tratterebbero George W. Bush in una tenda talebana. Dava loro – genericamente – dei debosciati, ridicoli, senza nerbo, senza sostanza, senza alcuna dote per essere ciò che dicono di essere – cioè: cantanti rock – e denigrando la loro inconsistente produzione. A parte che in questo senso potrei anche essere d’accordo, il punto è che dal suddetto recensore, non ho mai letto una critica aspra, ogni qualvolta esce un cd di un artista italiano di quel tipo (eppure – di volta in volta – li ha recensiti tutti). In quel caso, le stesse frasi roboanti, terminologia assolutamente iper ricercata ed esageratamente paludata, in riferimento – tutto sommato – a ‘canzonette’. Ed ogni volta parla del presente, come fosse l’unico in grado di produrre ciò che ha ascoltato. Mi chiedo: dove diavolo stanno allora quelli che denigra – in questo caso – rapportandoli al lavoro di Jagger? Veramente stomachevole.

Riesci a mantenerti con gli ultimi dischi? Oppure vivi di rendita grazie al successo degli anni ’60? O ti impegni in qualcos’altro?

Questa è una domanda che investe la sfera del privato, ma cercherò di rispondere ugualmente. Ahimè, io appartengo a quegli idealisti che ci hanno creduto fin dall’inizio. Non mi lamento di come vivo e ringrazio per quello che ho. I miei impegni (serate, diritti, libri, dischi…) mi consentono di vivere dignitosamente. L’unica mia consolazione è che io posso camminare a testa alta e raccontare cose (ne è testimone il mio libro: C’era una volta il Clan), senza tema di essere smentito, mentre altri devono abbassarla la testa e stare zitti.

Che ne pensi di questa guerra contro il terrorismo?

Domanda difficilissima da sviluppare in poche righe. Comunque. La ritengo giusta perché – finalmente, a guerra conclusa – ci sarà un punto fermo dal quale ripartire con giudizio, memori di quanto è accaduto, tenendo presente cioè, che il mondo – se deve essere globale – deve abbracciare e coinvolgere tutti e non solo una parte (almeno spero).

Film, musica, libri, fumetti: cosa ti ha colpito di più ultimamente e perché?

Per le ragioni già sviscerate in precedenza, non mi pare che oggi ci siano delle novità in grado di colpire (almeno la mia sensibilità). Vedo tutto molto routinario e, tutto sommato, deludente. Non ci sono guizzi o colpi d’ala, ma le solite propostine sottoforma di canzoni, prodotte da tromboni ormai sfiatati, esaltati per interesse promozionale dai critici (di cui sopra). I miei tentativi arruffati e guasconi (fumetti, libri, quadri, cinema…) sono tutti tentativi volti a indagare nel mio mondo di sognatore, per cercare di trarne emozioni da donare al pubblico. Se poi ci sia riuscito o meno, non sta a me valutarlo, ma se soltanto un bambino ha gioito con la mia commedia musicale a fumetti Sognando (9 puntate Rai2 1978), allora ne è valsa la pena.

Esperto come sei, cosa vorresti suggerire ad un giovane musicista che sogna di diventare famoso?

I tempi sono cambiati e oggi il concetto di ‘artista’ si è un po’ perduto. Del resto non potrei suggerire assolutamente niente. L’artista – quando è tale – ‘sente’ da solo qual è la strada da seguire. Indipendentemente se poi ce la farà o meno. Se il ragazzo seguirà la sua vocazione (quando c’è), non dovrà accettare i consigli di nessuno, ma seguire quella strada che avrà chiara davanti a sé. Gli direi semplicemente: non aspettare che altri ti conducano al successo (gli incapaci fanno questo), ma impegnati lavorando sodo, per affermare quello che sei, se veramente ci credi. Non occupare spazio – magari da raccomandato (guarda per esempio alcuni nomi che parteciperanno al festival di Sanremo quest’anno…) – ad altri che potrebbero avere più meriti e capacità. Sii onesto con te stesso prima di tutto e decidi se proseguire. Fatti una semplice domanda: le spenderesti 40.000 lire per un tuo Cd? E risponditi con onestà. Non fare come certe fanciulle (tutte ormai) che – con l’unica qualità di un bel corpo e di un bel volto – usurpano il titolo di ‘show girl’ o di ‘attrici’ e poi le vedi soltanto in ospitate inutili, esibire pur piacevoli nudità, ammiccando da calendari/catalogo o da telecamere. Ma, se le metti davanti a un microfono sembrano galline, se le fai ballare sembrano ciocchi di legno, se le fai recitare mostrano le solite due espressioni: una a occhi chiusi e l’altra a occhi aperti. Questo è il vero guaio in tutti i campi dell’arte (in Italia, almeno). In tempi recenti (togliendo la Carrà), una sola ha meritato questo appellativo di show girl, in maniera propria e lampante. Si chiamava Stefania Rotolo, ma le sue qualità – credimi – non erano solo quelle di avere un bel corpo e un bel faccino. Prendessero esempio da lei. Purtroppo non c’è più.

Parlaci del nuovo album. E’ vero che c’è una canzone su Totò?

Sì, è vero. Anche il titolo del cd sarà tratto da una frase celebre di Totò. E’ un album col quale ho tentato di riavvicinarmi alla canzone italiana in quanto tale. Mi pare che con tutti questi saccentoni in giro, nessuno più abbia voglia – o sappia – scrivere canzoni, senza che queste siano seguite da altri aggettivi. E’ un cd vero, che racconta ciò che sono e sento in questo momento, con una puntata nel ‘Don Backy che non le manda a dire’ (Diluvio universale).

Quali sono gli altri progetti futuri?

Un’edizione a fumetti di ‘Clanyricon’, che ancora sto disegnando.

Cosa odi dell’Italia attuale? Cosa dovrebbe cambiare?  

Questa mancanza di amor patrio, di rispetto per il prossimo, di falsa interpretazione della democrazia, il cui malinteso senso, ci fa pensare di poter fare quello che ci pare e piace, fregandocene degli altri. Il degrado morale a cui è scaduta la televisione, dove ormai ogni argine di buon gusto e di educazione è stato travolto e, di conseguenza, la nazione tutta vi è stata trascinata. Due esempi: Quando vedi in un ‘Grande fratello’, due che fornicano in diretta, oppure uno che scorreggia in faccia a tutti quegli scemi che li stanno a guardare come se fosse nel bagno di casa sua, allora vuol dire che abbiamo proprio toccato il fondo del nulla.