di Don Backy
Terzo capitolo sul dopo Sanremo. Che si è ammalato di tv e ha perso le canzoni
Stavo quindi raccontando dell’invasione nel sacro tempio sanremese, di mercanti di tutti quanti i generi i quali – ovviamente – hanno più a cuore la loro presenza su quel palcoscenico, che quella della sorte delle canzoni in gara. Pertanto – essi personaggi – arrivano sempre con il loro carico di battage pubblicitario, che serve per attrarre l’attenzione dei media su di loro, distogliendo l’attenzione di quanti operano nel settore mediatico, da quelle che dovrebbero essere le fonti principali d’attrattiva di un festival della canzone. Cioè: le canzoni ( lo dice la parola stessa). Ora io dico: un conto è assistere a una gara canora dove ad aspirare alla palma della vittoria siano cantanti come Modugno, Villa, Endrigo, Little Tony, Cinquetti, Di Bari, Bobby Solo, Caselli, e via di questo passo (oggi il paragone dovrebbe essere con i Ligabue, i Venditti, i Ramazzotti) – magari in gara con gli stessi artisti stranieri, che ora vengono come superospiti ( così come avveniva appunto negli anni ’60, quando a competere sulle tavole dell’ormai mitico Teatro del Casino Municipale, sono stati nomi da far tremare le vene dei polsi, vedi – tra gli altri – Armstrong, Picket, Anka, Dalidà, Pitney, Feliciano). Un conto era vedere come sarebbe andata a finire tra questi grandi artisti (non a caso il giorno successivo alle esibizioni, titoli a caratteri cubitali mettevano in risalto la clamorosa eliminazione di uno di loro, con tutto quel che poteva conseguire di prese di posizioni, valutazioni di esperti, i quali cercavano di ribaltare i verdetti delle giurie, come avvenne – un caso per tutti – con Il ragazzo della via Gluk di Celentano, prendendo d’assalto i negozi di dischi per acquistare quel particolare prodotto e proiettarlo ai vertici delle hit parades. E qui posso essere buon testimone proprio io, quando fui estromesso dal Festival e depredato del mio brano Canzone, che comunque raggiunse la vetta della classifica proprio nella mia versione). Un conto dicevo, era vedere quegli epici scontri, e un conto è vedere come va a finire – sia detto con tutto il rispetto – tra Sirya e i Quintorigo, o anche tra Jenny e i Blu Vertigo. Certo però, i superospiti stranieri – in un sol colpo – avranno lanciato il loro disco in mezzo mondo di lingua inglese. Con buona pace della – sempre più abbacchiata – categoria nazionale, che potrà sperare solo nel solito colpo gobbo di scovare un Rossi, una Pausini, uno Zucchero. Un festival siffatto non avrà che un futuro più o meno carico di audience (dipenderà dai nomi altisonanti di stranieri, nani e ballerine che vi prenderanno parte). Scordatevi però, che possa averne uno con artisti italiani, che raggiungano la finalità di vendere il prodotto presentato. Casi sporadici a parte, beninteso. W l’Italia.
RadiocorriereTV n° 14 3/4/01