Memorie risvegliate

A cura di Renata Mallia

Con le canzoni i nostri ricordi più lontani ritornano, per fare del nostro presente una bella realtà

Nelle precedenti puntate, ho parlato a chi, come me, sente di avere l’animo fanciullo, a chi ama vivere, insomma, anche di ricordi. Ebbene, molti sono i metodi che si possono usare per raggiungere lo scopo e, siccome l’argomento (si è capito?) Mi piace molto, oggi, considerato che io sono uno di quelli che ama vivere semplicemente, senza complicarsi la vita correndo dietro a ogni forma di modernismo, per tentare di adeguarsi ai nuovi canoni e sentirsi pertanto al passo coi tempi, voglio continuare a parlarvi di questo, indicandovi il viatico migliore, il più diretto, per arrivare al risveglio della memoria: le canzoni. Ovviamente quelle della nostra gioventù. Anche le più antiche, perché queste, ormai, sono sempre a portata di mano, specialmente oggi che, attraverso le cosiddette compilation, si riesce a trovarle perfino dai benzinai sulle autostrade, volendo (e per inciso sono le uniche che si vendono). Dunque, io paragono le canzoni alle stampelle alle quali si attaccano gli abiti. Infatti, alle stampelle ci attacchiamo i vestiti, alle canzoni/stampelle attacchiamo i ricordi. Finiamo poi per confinarle in un armadio situato nella nostra memoria e, al limite, ce ne dimentichiamo. Un bel giorno ci capita di riascoltarne qualcuna, occasionalmente; magari un cantante d’epoca che durante un concerto ce le ripropone. Allora, d’improvviso, si spalanca quell’armadio e, appesi a una di quelle stampelle/canzoni, ritroviamo ricordi straordinari. Eccola, infatti, viva e vegeta l’emozione del primo bacio, della prima cotta e, incredibile, sentiamo il cuore che punge di una gradevole sensazione di nostalgia. Già, dove è finita quella pupa (o quel fusto), amata un’intera, lontana estate, fatta di balli nei dancing in pineta, di lunghe gite in bici o al chiar di luna sulla spiaggia, quando ancora non si passava il tempo davanti ai videogiochi? Si, essi non ci sono più (anche se avevamo pensato – e giurato – dovessero essere eterni), ma quelle percezioni straordinarie sono sempre lì, latenti. Legate a che cosa? A qualche nota che l’autore ha sistemato su un pentagramma e ad alcune parole messe lì dallo stesso, forse proprio per celebrare una di quelle tenerezze vissute, magari platonicamente, in prima persona ( o addirittura solo immaginate). Guarda caso, mentre vivevamo quei momenti, c’era sempre in lontananza un juke box, o uno di quei mangiadischi grigi e arancione, che portavamo con noi nei momenti che contano, i quali facevano aleggiare nell’aria proprio quella particolare canzone. E noi, giù, ad appenderci l’emozione di quell’istante, per sempre. Seguiterò il mio pensiero sull’onda della nostalgia nella prossima puntata. 

RadiocorriereTV n° 19  9/5/00