Melodie in arrivo

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Le canzoni vagano in un’armonia universale e ci vengono incontro

Avevo concluso il mio precedente articolo dicendovi quale è la mia convinzione di dove si trovino le canzoni. In poveri di spirito la mia affermazione potrebbe ingenerare anche qualche maldicenza – me ne rendo conto – dal momento che non poche volte mi è capitato di ascoltare brani di autori somiglianti ad altri altrettanti compositori, senza che questi avessero minimamente tratto l’idea, l’ispirazione, dal brano ascoltato in precedenza. Ho creduto alla buonafede di questi, conoscendone la rettitudine morale. Ritengo che possa capitare, a meno che – in cattiva fede – non si giochi a fare i furbi. La cosa può succedere, ma a questo punto bisogna avere almeno il coraggio di ammetterlo e – secondo me – è sì un peccato, ma – se confessato – dimostra almeno l’amore e la stima per l’autore originario. Credo quindi che le canzoni vaghino in questa armonia universale che ci circonda, fino al momento in cui, trovandosi a fluttuare nei dintorni di qualcuno dotato di antennine sensibili a quel particolare genere di modulazioni – come potrei essere io – ecco che queste cominciano a vibrare e allora sento che sta passando un’idea di melodia, che arriva insieme a una frase contenente il concetto da sviluppare. Triste o allegra, dipende dallo stato d’animo del momento. Il resto, è un gioco da ragazzi. Infatti, le mie canzoni nascono nel lasso di tempo che va da dieci minuti a mezz’ora. Non per una questione di capacità superiore, ma per un fatto di creatività istintiva. Parlo del nucleo centrale di un brano. Logicamente poi – nei giorni seguenti – il brano viene elaborato al meglio, corretto, limato, sistemato nella metrica e nella rima, centrato meglio nel concetto. Ma l’idea base – quella che fa dire ” Eccola, questa è buona” – a me arriva in quel breve spazio di tempo. Così è nato il brano di cui vi parlerò: vivevo ancora a Milano e il buon Gianni Ravera, incontrato nel ’66 durante il Girofestival da lui organizzato, mi promise di portarmi al Festival di Sanremo, se avessi presentato una bella canzone. Mancavano alcuni mesi, ma – dal momento che mi era stata data questa assicurazione – più niente che mi sembrasse all’altezza ero stato capace di elaborare. Consumavo le notti cercando di strappare alla mia chitarra le note necessarie a comporre un capolavoro. Niente da fare. La disperazione mi attanagliava perché non volevo perdere quella straordinaria occasione per migliorare il mio status artistico. Cosa accadde allora? E’ una storia magica che vi racconterò la prossima settimana.

RadiocorriereTV  n° 43  24/10/00