Intona l’Inno

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Fratelli d’Italia e le sue infinite revisioni e considerazioni: ma le merita tutte

Cari lettori, su questa pagina, tratto sempre argomenti che principalmente riguardano cose di musica e fini a oggi, sono riuscito ad essere – almeno me lo auguro – piuttosto coerente, nell’esprimere pareri su argomenti del settore musica. Di tanto in tanto però, mi capita di divagare un pò. Non di rado i miei scritti – ricevono conforto e attestati positivi, così come – altre volte – trovo interlocutori con tesi e argomenti contrari. Nell’uno e nell’altro caso, la cosa mi fa piacere, perché stimola in me lo svilupparsi di idee. Ho già detto che non intendo far diventare questa mia rubrica, una pagina di posta con voi lettori, ma in certe occasioni – quando cioè una mia affermazione o un argomento abbiano potuto lasciare dubbi o equivoci, allora preferisco tornarci sopra, rispondendo all’interlocutore su questa pagina (oltre che in privato). Per quattro settimane quindi, i miei articoli saranno sotto forma di ‘botta e risposta’, con un signore sull’argomento da me recentemente trattato dell’inno degli italiani (Fratelli d’Italia) Ecco ciò che egli mi dice: “Leggo sul numero 30 (28/7 3/8), nella rubrica Parole e Musica a cura di Don Backy, una proposta di arrangiamento dell’Inno nazionale: concordo su alcuni giudizi ma non nella proposta di revisione. L’Inno degli italiani ha nella sua genesi qualche somiglianza con quella della Marsigliese. Nacque a Genova nel 1847; la musica “tarazumpa” (ma teniamo presente lo stile di 150 anni fa) venne scritta di getto da un giovane compositore (Michele Novaro aveva 25 anni) patriota e repubblicano, indipendentista che si appoggiò su parole scaturite dalla penna di un poeta ancor più giovane ( Goffredo Mameli aveva 20 anni); parole ispirate al clima di quegli anni del Risorgimento scrisse: ” stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, Italia chiamò” : e al richiamo d’Italia pochi mesi più tardi incontrò appunto la sua gloriosa eroica morte a opera delle truppe francesi, a Roma, in uno degli assalti a Villa Corsini guidati da Garibaldi. Per il rispetto che si deve a un eroe immolatosi poco più che ventenne, animato da una fede, un coraggio, un ideale che oggi molti stentano perfino a comprendere, a uno degli eroi cui tutti dobbiamo reverenza e riconoscenza, per favore non tocchiamo l’opera sua quale che sia. non usiamo barba e baffi, minigonna o tacchi a spillo quella che fu l’espressione del suo entusiasmo. Superato eccetera eccetera? Sia pure; e allora mettiamolo in pensione così com’è e con i dovuti onori. Suggerisco in tal caso un concorso nazionale cui tutti possono partecipare per un inno nuovo che rispecchi l’Italia di oggi (con i “tarazumpa” di oggi, che non è detto siano meno miserandi di quelli di Novaro). Il popolo italiano conta non meno di 50 milioni di poeti e quasi altrettanti compositori: l’affollamento di concorrenti è assicurato e non ci sarà che da scegliere. Tenendo però d’occhio le disposizioni sui diritti d’autore, vero amico mio? Grato per l’attenzione, con i migliori saluti. P.s. Ma perché i francesi non si sognano di giudicare superata la loro Marsigliese? per “tarazumpa” e retorica non è certo inferiore all’inno di Mameli! “. 

RadiocorrirreTV n° 49 10/12/02