di Don Backy
Quanto rumore, iniziative, esternazioni, revisioni per il nostro inno nazionale!
Voi credete che i c…i siano 2? Ebbene vi sbagliate di grosso. Sono molti di più. E ve lo dimostrerò. Recentemente, si è fatto un gran parlare del nostro inno Fratelli d’Italia, specie da quando il presidente della Repubblica Ciampi ne ha fatto un punto di principio affinché il medesimo fosse rispolverato dall’oblio ( e dall’imbarazzo un pò infantile di dover sembrare scolaretti in attesa del direttore, a cui farlo ascoltare, o dalle un pò ‘pallose’, ricorrenti manifestazioni ufficiali), e diventasse un mezzo attraverso il quale sentirsi ancor più gioiosamente uniti, affratellati. Appunto. “L’operazione Ciampi” – se vogliamo riconoscergli il merito – sembra aver avuto il successo da lui stesso sperato. Anzi, senza neanche il ‘sembra’. Mi consenta infatti che il nostro inno non sia stato mai così tanto cantato – anche in occasioni non ufficiali – come da quando questa questa operazione ha avuto inizio. Non si può che rallegrarsene. Sentirsi parte di una comunità attraverso un brano musicale e una serie di concetti messi in rima, non può che inorgoglire e magari commuovere gli animi più sensibili. E’ qualcosa di concreto, lo slancio che ci proietta verso l’altruismo, la compattezza, il sentirsi un tutt’uno, fin dai primi squilli introduttivi. Questo – al di là della retorica che in molti vorrebbero leggerci – è solo il predisporsi verso la positività. Ci sentiamo infatti – in quei momenti – di essere disposti a cancellare torti, a stringere mani, a sentirsi affratellati anche agli avversari – come accade durante le manifestazioni sportive, allorquando anche i tifosi della squadra avversaria si alzano per rendere omaggio: nessuno dei presenti, firmerebbe un atto di guerra in quel momento. L’inno è un antidoto formidabile. Se ben usato. Io non ho avuto occasione di sentire la versione rock di Elisa, che – a quanto pare – è stata per un breve periodo la sigla delle trasmissioni Rai dedicate ai mondiali di calcio. ripeto, non ho avuto modo di ascoltarla e quindi non entro in merito, anche se – come operazione commerciale – mi sembra veramente un pò troppo scoperta e azzardata. E’ pur vero che abbiamo riscoperto il nostro inno e che – con slancio – facciamo a gara per mostrare di cono scerne le parole ( almeno la prima strofa), ma di qui a voler scimmiottare gli americani – che hanno inciso il loro inno in migliaia di versioni seguendo ( in maniera del tutto naturale per niente forzata), la loro mentalità – ce ne corre. Io non so se l’adattamento di Elisa, sia andato bene commercialmente, ma – al di là della sua sospensione in qualità di sigla – ritengo che il risultato non avrebbe permesso di andarne fieri. Un tentativo di fare la ‘cresta’ su un patrimonio di tutti, all’insaputa di tutti, sfruttando un momento euforico comunque importante. Più onesta – decisamente – la sigla realizzata dalla Nannini e da Bennato, durante i mondiali del ’90, che non intese strizzare l’occhio a niente altro che a un’occasione ludica, con l’intento assolutamente dichiarato e lecito di vendere il prodotto. Un’occasione – quella di Elisa – perduta, per troppa….furbizia. Anche il popolo ha diritto ai suoi santi e andarli a ‘sfruculiare’, si rischia di rimetterci le penne…
RadiocorriereTV n° 29 23/07/02