di Don Backy
Ancora due puntate su La Talpa, dopo un’interessante domanda via e-mail
Credevo che l’ultima puntata scritta su La Talpa, fosse quella definitiva e invece devo aggiungerne altre due – e con piacere – perché una e-mail giuntami pochi giorni fa, mi ha posto una domanda che concerne ancora la trasmissione in questione. Un ragazzo, mi ha chiesto – infatti – a quali prove tra quelle viste in tv avrei rinunciato. Ecco la mia risposta, che mi auguro accontenti una più vasta moltitudine di lettori. Dunque: confesso che – fino a questo momento – nessuna di quelle viste fin’ora, mi ha fatto particolarmente paura o impressione, comprese quelle col torello, con i serpenti, etc. etc. In casa Maya poi, sarei stato come un pascià e lì – come ho visto fare ad Alessia Ventura – avrei dato sfogo al mio hobby costruttivo e impegnativo del tempo noioso, dipingendo per tutta la settimana.Avrei potuto anche disegnare una storia a fumetti, realizzandola in grossi quadrettoni, alla maniera dei vecchi cantastorie siciliani, che vi illustravano le storie che andavano raccontando. Credetemi: in casa Maya, ci sarei stato bene ‘come un pisello nel suo baccello’ (a dirla con Stanlio & Ollio), e – soprattutto – sarei stato lontano dagli ‘inciuci’ e i pettegolezzi della hacienda, che – in verità – non sono molto conformi al mio carattere.Tornando alle prove, quella del ‘sotterramento’ nelle bare di plexiglass, dove – a parte una naturale idiosincrasia per gli ambienti di quel tipo e per di più sottoterra (specie per tipi claustrofobici) – io, col mio cuore bradicardico (cosiddetto d’atleta) da circa 48 battiti al minuto e con la consapevolezza di avere lì vicino l’ossigeno sufficiente per respirare tranquillamente fino all’eventuale soccorso liberatore, avrei forse subito solo una leggera alterazione dei battiti, chissà, magari fino a 70 o 80. Pertanto, dopo aver eseguito una preventiva iperventilazione (alla maniera di Majorca quando si immergeva) e un’attenta concentrazione – tendente a eliminare residui psicologici – dopo aver chiuso gli occhi per ottenere una totale estraniazione dall’ambiente, ebbene, credo proprio che non avrei avuto nessun problema a resistere. Sono convinto che il vero problema di quella prova, sia quello di perdere la concentrazione dal livello di sicurezza (che in quella occasione era comunque massimo) e cominciare a provare una sia pur minima paura, pensando all’ambiente e alla sua funzione dopo la vita. A quel punto, sono certo che – nel giro di pochi secondi – il panico cresca in maniera esponenziale, finendo col diventare una vera e propria valanga insopportabile dì emozioni negative, tanto da far perdere completamente il senso della razionalità, fino a diventare un vero e proprio shock. Questo, quanto – probabilmente – è accaduto sia ad Angela MeliIlo che a Karim, i quali – ovviamente – più si agitavano e più aumentavano il consumo d’aria e quindi di anidride carbonica dell’abitacolo e – con essa – il senso di soffocamento. L’irrazionalità – infatti – si è manifestata quando si è notato che entrambi – pur sapendo di avere lì accanto la maschera per l’ossigeno – non ne hanno fatto uso, proprio nel momento in cui sarebbe servito. Vi dirò dell’altro alla prossima.
RadiocorriereTV n° 16 20/04/04