di Don Backy
Non solo questioni burocratiche e legali, ma calo di investimento artistico
Evidentemente, gli articoli sulla crisi del disco – da me a suo tempo trattata – hanno interessato una buona parte del pubblico lettore, che – a cattiva ragione evidentemente – si ritiene sempre poco interessato a certi argomenti di natura ‘burocratica’. E invece – evidentemente – non è così. Molti infatti, hanno mostrato di condividere la mia analisi, che non ha inteso situarsi a stella polare della risoluzione del problema e un lettore – attraverso una e-mail – mi chiede di dare ancora qualche chiarimento sul tema delle multinazionali. Il lettore, mi chiede di approfondire di più la dinamica del loro coinvolgimento, dal momento che non riesce a spiegarsi esattamente come sia possibile che multinazionali – le quali dovrebbero avere a cuore il benessere del settore, essendone coinvolte in prima persona – siano (a mio parere) invece una parte importante del suo decadimento (almeno in Italia). Cercherò quindi di raccontare a modo mio, un iter – iniziato molti anni fa – attraverso il quale queste multinazionali, hanno dapprima stravolto e poi personalizzato a loro immagine e somiglianza il mercato, seguendo progetti e conduzione di quest’ultimo, con mentalità assolutamente manageriale, decisamente agli antipodi da quella che – fino ad allora – aveva contraddistinto il ‘nostro’ mercato discografico. Nell’ultima serie di articoli non sono riuscito ad essere sufficientemente esaustivo, pertanto qualche parola mirata posso ancora spenderla, ricostruendo – sempre a mio parere (e quindi conta per quanto lo si vuoi far contare) – l’iter che ha condotto a questo stato di cose e cioè alla progressiva scomparsa del mercato nazionale, a favore di una più vasta concezione di mercato ‘globale’ e gettando così le basi per un accantonamento di artisti non previsti da questo tipo di politica ‘aziendale’. La cosa – come accade sempre per operazioni planetarie (ordite. da menti che hanno il compito di pianificare interessi commerciali giganteschi) e che muovono proprio dal dover rivoluzionare il sistema (vedi ad esempio: Supermercati/Piccoli negozi, Mobilifici/Falegnami, Confezioni/Sarti, dove i primi hanno decretato – specie nei piccoli centri – la fine dei secondi) – ha avuto inizio verso la metà degli anni 70. Fino ad allora, aveva proliferato felicemente il mercato discografico, al quale si abbeveravano prestigiose etichette italiane, che avevano sotto contratto altrettanti prestigiosi artisti. Essi garantivano – con le loro vendite – una dignitosa dimensione di industria, alle succitate. Era certamente un mercato artigianale e limitato alla nostra Italia (salvo rarissime eccezioni), capace di assorbire comunque anche la presenza di artisti stranieri, che – nella maggior parte dei casi – incidevano le versioni dei loro successi, in italiano.Tutto ciò è andato avanti fino – appunto – a verso la metà degli anni 70. In quel periodo alcune multinazionali del settore, sbarcarono qui da noi e – almeno in alcuni casi – acquistarono quote societarie di ditte nostrane, da anni perfettamente inserite nei gangli promozionali e distributivi del settore discografìco. Adesso è d’uopo che io continui alla prossima puntata.
RadiocorriereTV n° 9 02/03/04