di Don Backy
Analisi di quel particolare “stadio”, forse il più vivo e sincero, di ogni musicista
Adoro Rock and roll, il primo libro della mia trilogia, perché è quello in cui (dal mio punto di vista) è raccontata la fase artistica, che ritengo la più viva e sincera un artista possa vivere nel corso della sua carriera. Sia questa breve o lunghissima: sto parlando dello stadio in cui si è Dilettante (inteso come colui che si diletta). Questa condizione è quella che l’artista non dimenticherà mai più magari crederà di esserci riuscito, seppellendo quei momenti – non sempre lieti – sotto gloria e trionfi) e, quando avrà raggiunto lo stadio del Professionista (inteso come: colui che svolge il mestiere di…) – comportandosi come tale – crederà di aver compiuto il passo definitivo per la sua brillante carriera, dal momento, che – da adesso in poi – egli modificherà di volta in volta, tutti i suoi comportamenti, adattandoli a esigenze, le quali – purtroppo – contribuiranno invece a farne sostanzialmente un’ altra persona (spesse volte arida e calcolatrice). E’ proprio rileggendo il primo libro della mia trilogia – e paragonando quindi quel periodo all’altro racconto nei libri seguenti – che mi sono venute in mente le considerazioni le quali mi hanno portato a scrivere questi nuovi articoli. Ve le comunico essendo – tra l’altro – queste, una specie di trait-d’union, con gli altri articoli già pubblicati (in particolare quelli riguardanti gli elementi occorrenti per scrivere una canzone e non solo…). Per cui, la considerazione alla quale sono arrivato, è condensata tutta nella seguente frase: “Il dilettante è l’unico momento in cui un artista è veramente se stesso”. E ve ne spiego il perché dal mio punto di vista, fregandomene bellamente se quel che dirò risponderà alla verità assoluta oppure no. E’ solamente la mia posizione ed è per questo che la sostengo e la difendo istintivamente – di tanto in tanto – mi è capitato di definirmi (nel mio modo di essere artista) dilettante o anche artigiano. E’ ovvio che in queste due definizioni, io non abbia inteso mettere niente che potesse suonare offensivo. A prima vista – chiunque – potrebbe obbiettare che dopo quaranta anni, se non sono diventato professionista adesso, forse non lo diventerò mai più, lasciando intendere di non aver afferrato il vero concetto che ho voluto esprimere usando quei due aggettivi. Cercherò quindi di essere più esplicativo. Dunque: la differenza tra il professionista e il dilettante attiene quasi unicamente alla sfera della passione. Parlo sempre ed esclusivamente del mio campo, perché nelle altre professioni, ritengo che la differenza tra le due condizioni, sia invece sostanziale a favore della seconda ( per quanto gli elementi che contribuiscono a fare questa differenza, sussistono un pò dappertutto). E quindi, ecco come sono addivenuto alle considerazioni di cui vi parlerò la prossima settimana.
RadiocorriereTV n° 18 1/5/01