Creazioni

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Il paroliere e l’arte del verso: un mestiere importante

Da qualche puntata, sto cercando di rendere omaggio alla figura del paroliere, stante che – secondo me – la sua funzione nella creazione di una canzone, è determinante – ai fini del successo della stessa – per il 60/70%. Se non altro, ai fini di una sua collocazione nella storia della musica leggera, indipendentemente dal successo commerciale. Ho quindi iniziato a parlare di un grandissimo autore (personalmente lo ritengo geniale), il cui nome risponde a quello di Leo Chiosso. Capisco che per la maggioranza di voi, un nome del genere può non suscitare alcun ricordo o emozione (a meno che non sia appassionato di canzoni e che non è stato giovane verso la metà degli anni ’50). Ma è proprio questo il punto. Io penso che alcuni personaggi di questo calibro meriterebbero di essere giustamente più considerati dall’ambiente e mi sembra veramente squallido il concetto – che si applica su di loro – insito nel proverbio: “Acqua passata, non macina più. Recentemente Vittorio Sgarbi, se ne esce (anche giustamente a mio parere), magnificando i testi di certi autori, dandogli l’attestato di poesie e a queste paragonandole, se non – addirittura – anteponendole. Cita – tra gli altri – anche il grande Fred Buscaglione. Ora, io non ho niente da ridire a che si parli in termini esaltanti di Buscaglione. È stato uno degli idoli della mia gioventù. A quell’irriverente eroe musicale – equivalente tenero dei duri alla Marlowe, ghermito in maniera altrettanto irriverente dal copione che stava recitando: una Thunderbird rosa, tanto wisky, una morte violenta in un’alba livida – ho dedicato in una struggente memoria di un viaggio a Roma (1960: nell’occasione della registrazione del mio primo disco a pagamento personale), un momento molto intenso nel mio libro C’era una volta il Clan. Però, è anche giusto dare a Cesare quel che è di Cesare, e il Cesare in questione è proprio Leo Chiosso, il paroliere principe delle canzoni di Buscaglione. È evidente che il grande artista ha favorito il lavoro di questo altrettanto grande paroliere, ma è comunque indubbio che questi ha saputo trovare la formula giusta per proiettare quello stravagante personaggio, nella sua giusta dimensione. Oggi, che i critici premiano discutibili cantautori (magari a Sanremo), o altri che – grazie all’unico successino ottenuto con una canzonciella – si permettono di sproloquiare (magari dal palco del l° Maggio), alcuni di questi autori del passato, si ergono ancora a giganti della loro professione, rispetto all’aria fritta attuale. E passo ad altro autore/paroliere. Recentemente è uscito un libro di Elisabetta Tosi – curato da Elide SuIigoj, intitolato: Piacere, Luciano Beretta il paroliere di… – dedicato a questo grande poeta, attore, autore di teatro e paroliere, che risponde – appunto – al nome di Luciano Beretta. Quanti di voi sanno veramente chi è Luciano Beretta? (o sarebbe meglio dire chi è stato, dal momento che Luciano è passato a miglior vita). In questo libro, io gli ho dedicato una lettera, che forse lo spiega molto meglio di mille panegirici che potrei fare su di lui. La riporterò integralmente nella prossima puntata.

RadiocorriereTV n° 25 24/06/03