di Don Backy
Dilettante o professionista, il cantante ha l’obbligo di dare emozioni al prossimo
Ma è proprio vero – quindi – che per essere artisti bisogna truccarsi anche da tali? E se cercassimo di primeggiare soltanto con quel che sappiamo fare, per la bontà dei sogni che regaliamo, per la capacità di far vibrare corde emozionali negli altri, grazie a qualcosa di semplice come può essere – per esempio – una semplice canzone? La mia scelta (anche di rispondere alle lettere ed adesso alle e-mail in prima persona), è stata improntata da quel lontano insegnamento di Mario Riva. Quello – cioè – di non deludere mai i fans. Altrettanto ho scelto di essere solo come sento (vi ricordate: il dilettante?). Anche “antipatico” agli occhi di chi mi vuole come pensa che io sia). Se in quel certo momento non mi va di sorridere, o se mi va di dire la mia senza stare a pensare di poter deludere qualcuno per quel che dirò – e quindi perdere in simpatia – ebbene lo farò. Qualcuno di voi ricorda una mia famosa presa di posizione nei confronti di un gruppo di ragazzi – cosiddetti contestatori – durante la trasmissione tivvù Per voi giovani, condotta da Arbore nel 1969? Eravamo nel pieno del mio successo (commerciale) quindi. Ebbene, in quella occasione quei ragazzi mi diedero da leggere una pagina a caso da una commedia di Shakespeare. Dopo un primo attimo di sbandamento (interiore), decisi di fingere di leggere, mentre invece avrei recitato a memoria una mia poesia. Purtroppo (me ne accorsi troppo tardi, a recita iniziata), la poesia conteneva due vocaboli: asfalto e motore assolutamente improponibili, essendo – entrambi gli elementi – ancora al di là da venire ai tempi del grande Bardo. Mentre mi sentivo morire per la figuraccia che avrei fatto di lì a qualche istante ( se ne sarebbero accorti, perbacco…) mi sorpresi perché nulla accadde. Terminai la lettura tra gli applausi. Avrei potuto incassare la bellissima vittoria: mi sarei potuto schermire – con falsa modestia – di fronte al mio amatissimo pubblico, che mi copriva di sue condiscendenza e invece…no. Non sarei stato io. E glielo dissi. A quel punto gli applausi destinati alla lettura di Shakespeare, si tramutarono in fischi per quell’antipatico di Don Backy , che aveva osato essere se stesso e non come loro avrebbero voluto che fosse. Ecco quindi perché, io sarò sempre prima di tutto Aldo Caponi e – come ho scritto in uno dei tre libri che compongono la trilogia Memorie di un juke box, Aldo Caponi porta su di se – fin dai lontanissimi inizi – una virtuale tribunetta, dove sono appollaiati i miei sarcastici concittadini santacrocesi, i quali – per ogni mio atteggiamento un pò così – sarebbero sempre pronti a dirmi: ” Vien’ via bischero”.
RadiocorriereTV n° 43 29/10/02