Cari ragazzi

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Apro un altro carteggio stimolante con alcuni giovani che mi scrivono

Anche stavolta prendo spunto da quanto mi scrivono parecchi ragazzi, che anelerebbero di entrare in questo ambiente artistico e della musica leggera in particolare. Chiedono quindi a me di dare delle dritte, comunicare indirizzi o telefoni di case discografiche, direttori artistici, personaggi popolari della tv, i quali potrebbero offrirgli questa opportunità. Raramente però mi comunicano un qualsiasi tipo di curriculum, magari con qualche piccolo risultato artistico raggiunto grazie ad una sana e faticosa gavetta, che potrebbe aiutare a farli preferire nei confronti di altri. Insomma, un qualcosa che parlasse a favore del desiderio, della loro motivazione. Se qualcuno di loro lo fa (pochi) – magari inviandomi dei Cd realizzati nei loro studioli privati – dai quali traspare la tendenza a magnificare più i risultati tecnici raggiunti, che non le canzoni stesse. Si intravede netta, la fretta di arrivare, senza porre sull’altro piatto della bilancia, un qualche sacrificio. Una volta si strimpellava il brano su un registratorino, con una chitarra – magari un po’ scordata – e però, dentro c’era un’anima. Il primo provino che inviai al Clan nel lontano 1962, non aveva niente di tecnologico, ma quanta originalità doveva esserci in quella mia prima canzone (La storia di Frankie Ballan) e, nella mia voce, per riuscire a colpire la fantasia di uno come Celentano, che passava per un innovatore alla ricerca di altri in grado di esserlo. Oggi – con questi prodotti realizzati con strumenti di sintesi, ottenuti da una tastiera e un computer – tutto si è omologato e uniformato a quelle sonorità (tutte simili) e anche le voci – e i generi – mi sembra non siano poi più così facilmente distinguibili. Insomma, una melassa di suoni freddi e di voci con scarsa personalità. Le canzoni stesse, sembrano così essersi plastificate, tanto che, se oggi ci si volesse riunire in comitiva – magari in una notte d’estate, su una spiaggia – per fare un po’ di musica anche grazie a una sola chitarra, bisognerebbe rivolgersi a canzoni del passato, vuoi di Battisti,o di Baglioni, di Modugno, Paoli, Don Backy e via cantando. Difficilmente ormai si fa – anche per il fatto che la chitarra non basterebbe più a rendere l’atmosfera (?) – con le canzoni di oggi, perché bisognose di orpelli tecnologici per figurare al meglio. Se potessi essere ascoltato, chiederei ai ragazzi (non mi stanco mai di ripeterlo), di ritornare ai sentimenti (che sono il vero anticonformismo in questo mondo dove ormai l’apparire vale più dell’essere e dove i valori sono scambiati per debolezza, quando non per ‘vecchiume’), di farli prorompere senza vergognarsene e di rivelarli prima di tutto a se stessi, non con il solo scopo di arricchirsi velocemente, ma con quello di cercare di offrire emozioni, gettando in quelle creazioni, lacrime e sangue di notti passate in bianco a sognare di riuscire a far sognare. Faticando da artigiani e non da computer. Riappropriamoci quindi di ciò che eravamo – e che ancora siamo – prima di vedere distrutto un patrimonio artistico vero, a vantaggio di qualcosa di ‘virtuale’, che non potrà mai scaldare il cuore. E andrò avanti alla prossima.

RadiocorriereTV n° 34 26/08/03