di Don Backy
Prosegue il racconto sulla genesi di una canzone che si intrecciò con…
E così, su un treno che mi riportava da Roma a Forte dei Marmi, nacque un brano a cui diedi il titolo di Sognando fumo e argento, dedicato ad un ragazzo autistico, incontrato il giorno precedente durante un mio concerto. Mi sembrava una buona canzone, una di quelle che – dopo Fantasia (uscita in 45gg pochi mesi prima) – avrebbe fatto degnamente parte del mio nuovo ‘corso’. Evidentemente mi sbagliavo. Da chiunque la facessi ascoltare – compresi i miei discografici – non riuscii ad ottenere il nulla osta per la realizzazione su disco. Cambiai anche casa discografica, approdando ad una importante etichetta di Roma, la quale mi aveva scelto per farmi interpretare una commedia musicale in teatro, ritenendomi – bontà loro – l’unico in grado di riuscirci. Da quella commedia si sarebbe dovuto trarre anche un libro a fumetti. Sperai nel frattempo di ‘piazzare’ quel mio brano ‘difficile’, ma nemmeno da quelli che avevo ritenuto potessero avere più lungimiranza, trovai fiducia. Accettarono altri brani, ma non quello. Nel frattempo la commedia teatrale si era arenata in una secca che rischiava di inaridire anche me. Decisi di sciogliere il contratto. Solo nel 74, il mio ex amico Mariano – titolare di una etichetta discografica – mi concesse l’incisione. Il disco fu stampato in qualche centinaio di esemplari (Mariano – si sa – è un noto spendaccione), ma credo non vedesse mai la luce nei negozi. Nel frattempo avevo accorciato il titolo, trasformandolo in Sognando fumo. Fu in quello stesso periodo che decisi di riuscire laddove la multinazionale – che avevo appena lasciato – non era stata in grado. Disegnare una mia storia ecologica, e farne una commedia musicale a fumetti, da dedicare ai bambini, affinché imparassero – anche da quel racconto visivo e dalle mie canzoni – il rispetto e l’amore per la natura. Dimenticai Sognando fumo e – confortato dai libri del mio grande ma virtuale maestro, Hugo Pratt – iniziai a disegnare quella mia storia. Lavorai giorno e notte, dedicando a quella visione tutte le mie energie. La grande soddisfazione che mi riempiva la sera, quando guardavo ciò che era fiorito su quei fogli presi bianchi al mattino. Qualcosa che è quasi impossibile da far capire. Cosa erano le serate, i dischi, le canzoni, i soldi, al confronto di quella ‘creazione’. Non poche volte piansi di orgogliosa, intima soddisfazione. Quei personaggi creati mi sembravano vivi, li conoscevo e amavo tutti come fossero veramente i protagonisti di una storia vera. E del resto veri lo erano davvero. Infatti – i bambini primi attori – non erano altri che mio figlio Emiliano e i suoi amichetti. La mitica “Banda Carcioffoli”. Verso la fine del 77, avevo quasi finito e le undici canzoni erano già pronte. Fu a questo punto che si inserì la telefonata di Mina, la quale mi diceva di aver ‘visto’ – tra le mie canzoni – una sicuramente adatta per lei. Mi chiedeva di salire a Milano appena l’avessi scovata. Glielo avevo promesso, senza essere certo che avrei potuto mantenere quella promessa. Si va alla conclusione nella prossima.
RadiocorriereTV n° 13 01/04/03