di Don Backy
Conclusione delle riflessioni su alcuni miei percorsi creativi
Questa è la quarta e ultima puntata di un excursus attraverso il mio vissuto artistico, teso a rispondere – prima di tutti a me stesso – e poi a un titolo con cui Ernesto Bassignano apriva un’intervista che gli avevo concesso. ” Don Backy, sempre in anticipo o sempre in ritardo”. Io ho raccontato i miei ‘anticipi artistici’, attraverso il rimembrare operazioni creative, assolutamente e incontestabilmente avanti sui tempi. Un altro piccolo esempio è dato da una canzone che giudico molto bella, ma che purtroppo – come accade per diversi miei brani non promozionati a sufficienza, o per niente – non ebbe il destino assegnato. Un brano che trattava ancora una volta, un altro argomento ostico per l’epoca. La droga! Intitolai quella canzone Viaggio e la pubblicai in un album del 1984, a cui diedi il titolo Difetti & Virtù. Per questo mi lamento della promozione che mi manca. Penso a quante belle canzoni (potenziali successi), che languono (realizzate in Cd), in un cassetto e che invece avrei potuto regalare a un pubblico che mi chiede come mai non si trovano in giro i miei prodotti, ecco spiegate le frustrazioni che attanagliano il me artista. In quell’anno Pippo Baudo mi concesse un mese di sigla a Domenica in. Pensavo di riuscire a far accettare proprio Viaggio, ma il brano fu ritenuto azzardato, visto il tema trattato. l suo posto un’altra mia canzone – più edulcorata nel classico e innocuo temino amoroso – intitolata Importa niente. Oggi sento dire di cantautori a cui il governo affida una campagna di sensibilizzazione al problema della droga (ascoltassero quella mia canzone). Altri colleghi hanno in progetto una storia musicale da raccontarsi a fumetti: ecco che il mio giudizio sul titolo che ha permesso questa mia disamina pesa decisamente sul piatto del ‘sempre in anticipo’. Ora propongo una metafora in chiusura. A buon intenditor… . Io amo Pinocchio perché mi fa pena. Un piccolo burattino, che tale voleva rimanere in realtà, per vivere la vita a sua misura, tentando di essere felice nella sua natura di legno e non uniformarsi diventando simile a tutti (questa è la mia visione del personaggio), costretto poi a soccombere sotto l’incalzare di tutte le convenzioni, fino a diventare qualcosa che non era lui e che accettò di essere per compiacere gli altri (il padre, la fatina ecc. i quali gli suggerivano di valutare la convenienza insita in quel cambio). Dimostrò di essere molto più sensibile e altruista lui, che tutti quei benpensanti, accettando di irreggimentarsi nei panni di un bambino in carne e ossa – pur di vederli felici – ma perdendo l’originalità, la spontaneità, l’allegria, la gioia di vivere del sognatore. Con me non accadrà.
RadiocorriereTV n° 37 17/09/02