di Don Backy
Prosegue il viaggio nella conoscenza acquisita direttamente sulla strada
Questa sarà una tappa durante la quale vi parlerò di tradizioni che danno linfa a una cultura popolare, piena di quella saggezza, che a volte vale più della stessa contenuta nei libri. (A volte…). Tra canti in processione con la statua di Gesù, luminarie intermittenti a rappresentare fontane e voli d’uccello – entrammo a Cianciana. Attraverso i finestrini aperti, arrivarono profumi di torroni, croccanti, salsicce alla brace, zucchero filato e arachidi tostate, in esposizione sulle bancarelle. Il palco era situato in fondo a una strada – che andava in leggera salita – risultando così situato sotto il livello di alcuni balconi di certe casette che lo circondavano. Il colpo d’occhio – al momento che iniziammo lo show – era di quelli abbaglianti, pieno di luce e gente entusiasta, a santificare non solo la Beata Vergine, perché – tra sacro e profano – quella moltitudine pareva attendesse il miracolo anche da me. Eravamo arrivati a metà del repertorio quando – di tra le sbarre in ferro battuto di uno di quei balconcini proprio alle nostre spalle, tutto infiorettato con vasi di gerani e un drappo celestino, dove ricamata in argento c’era la scritta ‘Viva Maria’- si affacciò un bambino seminudo, ancora assolutamente addormentato, che – senza scomporsi più di tanto- trasse il suo pistolino dalla fluttuante mutanda, lasciando bellamente che assolvesse il compito a cui ( per il momento almeno) era destinato. La cascata di pipì benedisse il nostro rito pagano, riconducendo tutti a una dimensione terrestre e riducendo a mera apparenza la gloria degli uomini, tra lo starnazzante divertimento della gente. “Porta fortuna…”- mi gridarono di sotto. Mentre ce ne andavamo via, ritornammo sull’episodio: “Ma perché la pipì e la merda si dice che portino fortuna?” – domandai, sperando che qualcuno mi togliesse la curiosità di quel luogo comune, che assegnava sortilegi favorevoli, sia all’elemento fecale – specie quando la si pestava (augurandosi ovviamente che servisse soprattutto a neutralizzare le maledizioni di coloro ai quali si portava in casa ) – sia alla pipì dei bambini cosiddetta degli angioletti e – pertanto-benedicente. Guerrino sembrò pensarci un pò, poi piluccò – nella sua mente – un episodio gustoso, col quale intese dare la sua versione: “Per esempio, ti ricordi il due a Loano…? Nella toilette del locale, son salito con i piedi sul water per non poggiarci ‘i ciapp’, il cesso s’è rotto e mi son’ cascà in d’ la merda…Bhe, quando son sortì fora, ho trovato duemila lire…”. “Ma vafancul”- gli disse Tonino. Un vero approfondimento sulla cultura popolare.
RadiocorriereTV n° 30 24/7/01