di Don Backy
Secondo capitolo sulla crisi del disco e sulle multinazionali
Sollecitato a scrivere ancora qualche mia considerazione sulla crisi del disco da un lettore che mi ha chiesto di spiegare in che rapporto io mettessi la crisi del disco con l’avvento delle multinazionali discografiche (avvenuto verso la metà degli anni 70), dal momento che non riesce a spiegarsi di come io possa affermare questo, in considerazione del fatto che le menzionate multinazionali, dovrebbero avere particolarmente a cuore, la salute del cosiddetto ‘mercato’. Piuttosto facile a dirsi – anche se sottolineo che questo è semplicemente un mio punto di vista. Dicevo che sbarcate in Italia attraverso combinazioni societarie con etichette già esistenti sul territorio, esse hanno dapprima imparato a muoversi nei vari comparti del complesso mondo produttivo, promozionale e distributivo, andando a conoscere – attraverso le esperienze di chi aveva precedentemente provveduto a instaurare una certa rete programmatica – i vari meccanismi, apprendendo in un lasso di tempo assolutamente breve, i sistemi per ‘oliare’ gli stessi, in modo che non avvertissero scossoni. Una volta padroni del campo, hanno provveduto a scalare la possibilità di acquisire l’intero pacchetto di quote azionarie delle società, diventando ‘ipso facto’, proprietari della stessa. A quel punto è iniziata l’operazione ‘svecchiamento’ e anche direttori artistici, produttori, arrangiatori, ecc., sono stati man mano sostituiti da gente più giovane (anche senza esperienza), ma con passioni e capacità di comprendere il nuovo tipo di mentalità, che sarebbe dovuto essere instaurato. Il ‘mercato’ non sarebbe più dovuto essere lo stesso. L’Italia – come mercato a se stante – non sarebbe più dovuta interessare, se non come ‘goccia’, contributo al fatturato mondiale delle multinazionali. I contratti di artisti venditori – fino ad allora – fino a 30.000 copie (parlo di Lp. Cd.), sono stati in gran parte risolti e – laddove un artista italiano con quella cifra era in grado di produrre denaro e lavoro, attraverso supporti fonografici e rese editoriali – improvvisamente veniva a essere considerato poco meno di una zavorra. Perché? Ecco la mia spiegazione del fenomeno: un artista con queste caratteristiche – e magari di una certa età – per una mentalità estremamente rivolta al commercio del ‘prodotto’, avrebbe comportato comunque un impegno finanziario – da parte dei vari settori di quella etichetta – controproducente, rispetto ai ‘magri’ incassi che l’artista in questione avrebbe garantito dallo sfruttamento del solo mercato nazionale. È stato pertanto introdotto anche da noi il benedetto (dipende dai punti di vista) marketing (lo studio, la ricerca del gradimento del prodotto su una determinata fascia di persone: ‘Target’). Una volta individuato il prodotto gradito a quella determinata fascia sotto studio – così come si fa per le saponette o i dentifrici – gli elaboratori di dati (altrimenti detti persuasori occulti), hanno provveduto a ‘creare’ il personaggio che più si attagliasse alle aspettative della fetta di pubblico. Proprio con la stessa mentalità con cui si crea un dentifricio. Lavatevi i denti e aspettatemi alla prossima.
RadiocorriereTV n° 10 09/03/04