Colpa di

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Le responsabilità delle multinazionali nella flessione di vendite dei dischi

Concludo la trilogia sulla ‘colpa’ delle multinazionali nella crisi del disco, riferita al mercato italiano. E dunque, a colpo d’occhio, la ‘confezione’ fornita da questi artisti, creati – per così dire – a tavolino, dovrà essere ben colorata e dolcificata almeno esteriormente (il cappellino, il pantalone sdrucito, lo scarpone da ginnastica: il look, insomma), perché – al di là del prodotto contenuto in essa – è il personaggio ad essere il soggetto principale. È lui infatti che dovrà attrarre l’attenzione, è lui il messia che tutti (la fascia studiata) stavano attendendo. E quindi, evviva lui. Poi – qualsiasi cosa contenga – è solo un optional. Creato il ‘mostro’, la macchina per produrre ‘denaro’, la multinazionale ha (grazie alla sua peculiarità), l’opportunità di spostarla (questa macchina) in altre parti del mondo e – procedendo con la stessa tecnica- fa sì che il soggetto in questione, possa entrare nelle grazie dello stesso tipo di pubblico, dato che – si sa – i ragazzi ormai sono piuttosto omologhi dappertutto e quindi anche i loro gusti sono uniformati. Compiuta un’operazione così a largo raggio, ecco che anche le 30.000 copie vendute dal soggetto – se moltiplicate per dieci nazioni – diventano automaticamente 300.000, e se poi il soggetto dovesse vendere un po’ di più – nazione per nazione – ecco che si può arrivare a milioni di copie. Ed è questo l’obbiettivo delle multinazionali. Il bilancio di fine anno. C’è bisogno di aggiungere altro? Chi investirebbe su un artista di una certa età? Da uno come me – ad esempio – la multinazionale, non potrebbe che ricavare un modesto interesse. Tenendo conto che – per uno come me – le risorse da investire in termini di impegno da parte di addetti ai lavori – stipendiati dalla multinazionale stessa – non giustificherebbero la scarsa resa. Infatti, occuperei una parte della struttura, che – viceversa – potrebbe più proficuamente occuparsi di un nuovo ‘prodotto’, ben sapendo che se per caso il progetto dovesse fallire, lo si sostituirebbe con un altro e poi un altro, fino a quando non si fosse riusciti a trovare la giusta ‘saponetta’ con cui far lavare il viso a milioni di selezionati prescelti. Quindi – per quel che mi riguarda – non è questione di bontà del prodotto- canzone. Potrei scrivere anche la Marcia trionfale dell’Aida, ma sarebbe difficile (ed è) per questi grossi trust, la possibilità di rendere credibile me ed è quindi sul progetto Don Backy, o LittleTony, o Bobby Solo, o Endrigo (visti come personaggi da esportare), che le multinazionali non puntano più. Ovviamente le 30.000 copie per molti artisti come me, rappresenterebbero un grande successo e potrebbero contribuire a tenere in vita un settore in grado di offrire ancora molto. Ne sono convintissimo e – soprattutto – consapevole. Ma lo spazio italiano è ridotto ed il potenziale cliente, non può essere distratto da altre proposte. Ecco perché la ‘consorteria’ interessata a salvaguardare il proprio tornaconto, ha chiuso tutti gli accessi. La piccola discografia indipendente, che ancora resiste, potrebbe ricavare benefici insperati, se soltanto riuscisse a pretendere spazi promozionali dignitosi. Sono considerazioni a ruota libera. E’ tutto (e il contrario).

RadiocorriereTV n° 11 16/03/04