di Don Backy
L’arte del paroliere, una professione da riesaminare e rivalutare
Ci sono autori (che noi del ramo semplicemente chiamiamo parolieri), i quali – pur lavorando nell’ombra e risultando per questo sconosciuti ai più – risultano determinanti per il successo delle canzoni. Voi sapete perfettamente, per aver io già espresso questo concetto proprio su questo giornale, che – secondo il mio parere – le parole delle canzoni, sono il 60/70% del successo delle stesse. Ovviamente mi riferisco a brani i cui concetti siano sufficientemente interessanti, da suscitare delle emozioni profonde e – conseguentemente – riflessioni in chi le ascolta. È evidente che do assoluto diritto di cittadinanza anche a canzoni di tipo più ‘leggero’ e con testi meno concettuali, ma queste sono destinate a restare nell’immaginario collettivo, non come dei veri e propri momenti di crescita (lo si può fare anche attraverso le canzoni, sapete) ma – semplicemente – dei piccoli cammei da guardare con simpatia. I parolieri sono di tante specie. C’è chi è mestierante – nel senso più professionale del termine – il quale presta la sua opera su brani musicali di autori non in grado di provvedere a corredarli personalmente e quindi si pone – in maniera un po’ asettica – a cercare di individuare una qualche storia, che ben si conformi con la melodia da rivestire. C’è chi invece è ispirato da certe melodie, al punto di entrare in perfetta simbiosi con il compositore delle stesse (vedi Mogol con Battisti) e quindi riuscire a sembrare un tutt’uno. C’è poi anche chi – pur facendo questo di mestiere – ha raggiunto livelli poetici così elevati, che si eleva al punto da creare dei piccoli, grandi capolavori. Recentemente – ascoltando un nastro di vecchie canzoni alle quali sono emotivamente e sentimentalmente legato – ho avuto modo di ripensare a un paio di questi parolieri, i quali sono stati determinanti per la carriera di altrettanti artisti a cui si sono dedicati. Purtroppo, nessuno sa di loro più che qualche notiziola spulciata qua e là in sporadiche occasioni, o per aver letto distrattamente questi nomi – magari sotto qualche testo di una qualche canzone di grande successo – sorvolando sugli stessi, con la certezza che il brano fosse attribuibile magari al cantante (es. Il ragazzo della via Gluck, di Celentano, oppure Il cielo in una stanza di Paoli). Chi si sentirebbe di non attribuire ai testi di queste due canzoni, un peso più che determinante? Penso proprio che in molti siate d’accordo con me, nel riconoscere agli autori delle parole – che nella fattispecie e nell’ordine sono: Luciano Beretta e Mogol – un determinante apporto. Ora, a parte Mogol – che è come il prezzemolo e lo si trova come regalo anche nei rotoloni di dieci piani di morbidezza – ci sono dei parolieri che non hanno volto, i quali hanno contribuito a darci emozioni con le loro poetiche e che sono finiti ingiustamente in un dimenticatoio, che non rende onore soprattutto a chi – nell’ambiente – potrebbe dedicare loro degli spazi vitali, senza dover attendere la loro dipartita (per qualcuno – purtroppo – è già accaduto), per poi correre a versare fiumi di lacrime coccodrillesche.Vi dirò di chi parlo, alla prossima.
RadiocorriereTV n° 23 10/06/03