Sponsor canta

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Seconda puntata sul Festival di Sanremo, ma potrebbe intitolarsi anche…

La scorsa settimana, ho introdotto l’argomento Festival della Canzone Italiana di Sanremo, non per criticare il fatto artistico – in relazione all’ultima manifestazione (anche perché, non l’ho seguito se non in riflessi successivi) – ma unicamente per esprimere il mio punto di vista nei riguardi di questa kermesse, che ormai, più che dell’appellativo di cui si ammanta, potrebbe chiamarsi – in maniera più pertinente -“Carro di Tespi” . Ho individuato (dal mio punto di vista, ribadisco), il problema che si trova ‘a monte’ della scarsa presa che il prodotto canzone sanremese ha ormai sul pubblico. Il principio di questo problema, sta nell’introduzione dell’elemento pubblicità (sponsor), all’interno della manifestazione festivaliera, così come in tutte le trasmissioni tv. Ripercorro quindi – in maniera piuttosto velocizzata e semplificandolo – l’iter che ha portato il prodotto canzone, da veicolo di traino qual era, a diventare orpello pesante come la palla al piede di un galeotto. Una volta, c’erano spazi predeterminati per la pubblicità – che si chiamavano Carosello o altro – nei quali gli inserzionisti pubblicizzavano i loro prodotti e tutto finiva lì. Le trasmissioni venivano salva- guardate dall’orda – non ancora famelica – delle industrie produttrici. I cantanti – ancora freschissimi della popolarità acquisita attraverso tutti gli anni Sessanta – furono contesi dalle prime trasmissioni sponsorizzate, in quanto grandi catalizzatori di interesse. Di questi osannati personaggi, si fece il pieno in qualsiasi tipo di trasmissione tv. Basti pensare a Canzonissima, dove addirittura ai cantanti – e alle loro canzoni – spettava l’alto onere di far vendere più biglietti possibile alla Lotteria di Capodanno. E ci riuscivano attraverso una gara dagli alti contenuti tensivi. Forti di questo grande ascendente sul pubblico, furono quindi i cantanti, i più appetiti a rappresentare anche se non singolarmente – come riferimento cioè, di quello specifico prodotto – un viatico per attrarre gli sponsor nelle varie trasmissioni. Fino ad allora, gli unici a legare la loro immagine ai vari prodotti, erano stati attori e qualche musicista (qualcuno poi si pentiva, poiché il suo nome, restava indissolubilmente legato a quel prodotto, rischiando di comprometterne la carriera). Basti pensare a CalindrilCynar, Ferrari/Dash, Cerri/Omo, Scotti/Falqui, Polacco/Linetti. Anzi – a differenza di attori e musicisti – i cantanti si guardavano bene dal prestare la loro immagine a uno sponsor diretto, temendo di inflazionarsi con qualcosa di non ritenuto qualificante, ma partecipavano alle trasmissioni con il solo intento di lanciare il proprio disco. L’avvento delle reti private, la loro necessità di vivere – non potendo pretendere il canone – attraverso gli spot pubblicitari, ha costretto queste ultime a dover convincere i vari sponsor, della assoluta capacità delle loro trasmissioni, di attrarre grandi quantità di pubblico (audience), e quindi convincerli a inserire i loro ‘spot’. Quali erano i traini che più di altri riuscivano a convogliare una grande quantità di pubblico? Facile a dirsi: i cantanti. Si fa presto quindi a sviluppare il rush conclusivo del discorso. Alla prossima. 

RadiocorriereTV n° 16 22/04/03