di Don Backy
Tutte le differenze tra l’arrangiatore e l’orchestratore. Analisi e conclusioni
Cara Renata (Mallìa), la curiosità che nutri sul ruolo dell’arrangiatore è legittima e cercherò di soddisfarla. Intanto devo dire che il termine è abusato. Infatti sarebbe più corretto chiamarlo ‘orchestratore’, perché l’arrangiatore è colui che ‘arrangia’ (appunto) – per un piccolo complesso di musicisti – l’orchestrazione più elaborata per grande orchestra. L’orchestratore ha il compito di rivestire la linea melodica (che sarebbe quel semplice motivetto che si canticchia, si fischietta o si esegue su una tastiera con un dito solo). Come? Quando sulla tastiera – a quell’unico dito – si aggiungono gli altri nove a formare accordi’ (questa ricerca di armonie, lo si può considerare un primo abbozzo di orchestrazione), attraverso i quali inquadrare i vari strumenti che si intendono usare per dare risalto e colori ai vari momenti topici della melodia e che – una volta concepiti e trascritti sul pentagramma – si chiameranno ‘partiture’, allora accade il ‘miracolo’ e quella scarna melodia, può diventare l’aria di un’opera maestosa o la Nona di Beethoven, o una semplice e bella canzone di cui tutti possono godere. Questo è il lavoro dell’orchestratore, che noi nell’ambiente, ormai appelliamo per un vizio di forma, semplicemente ‘arrangiatore’. L’arrangiatore – invece – è colui che si limita a ricreare per una piccola formazione musicale, il massimo possibile delle atmosfere contenute nella grande orchestrazione, disponendo solo di pochi strumenti. Come potrai capire, è un lavoro determinante ai fini della resa del brano. Se l’orchestratore sbaglia orchestrazione, la canzone non esploderà per come meriterebbe. Se invece la indovina, allora anche una brutta canzone, farà la sua figura. Resta il fatto però, che una bella melodia, si avvertirà bella anche con una brutta orchestrazione, mentre nessuna bella orchestrazione potrà nascondere del tutto la pochezza di un brutto motivo. Una bella ‘linea melodica’ (motivo) la si potrà orchestrare anche in maniera diversa e risultare sempre bella in entrambe (o più) le versioni (facciano fede, le tre versioni de, l’immensità: Dorelli, Mina e mia, assolutamente diverse, ma tutte oltremodo godibili). Con il mio personale ‘arrangiatore’ (Enzo Polito), ho una buona lunghezza d’onda, nel senso che egli ha la sensibilità giusta per capire le cose che voglio e per tradurle in emozioni, orchestrando le mie melodie con strumenti adatti a creare movimenti e colori che non tutti sarebbero in grado di inserirci (ascoltare – per credere – il mio/suo ultimo lavoro, Signori si nasce e io io nacqui). Uno dei pochi altri ‘arrangiatori’, col quale avevo ottima sintonia (almeno in quel senso), è stato Detto Mariano, il quale – nell’orchestrare le melodie che io inventavo – riusciva a esprimerle in orchestrazioni ottime (Poesia, l’Amore, Canzone, L’immensità, ecc.). Certamente teneva presente anche i miei suggerimenti determinanti, riuscendo a interpretare perfettamente – attraverso la sua sensibilità e competenza tecnica – gli stati d’animo da me attraversati, durante l’invenzione della melodia. Semplice no? Un caro saluto. Don Backy.
RadiocorriereTV n° 22 03/06/03