Altri mondi

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Rispondo, in forma di racconto, ad una sollecitazione di una lettrice

Una mia lettrice, mi ha chiesto via e-mail, se – secondo me – siamo soli nell’universo o ritengo che ci siano altri pianeti abitati, e poi, come immagino sia avvenuta la nascita dell’uomo sulla Terra. Ovviamente non sono all’altezza di rispondere a questi profondi interrogativi se non con teorie fantasiose, quindi – deviando un po’ dai miei temi consueti – ho voluto comunque dare una risposta, e l’ho fatto attraverso un mio racconto (salvando tutto ciò che scienziati e uomini di Chiesa affermano con assoluta e – a volte – condivisibile convinzione). Buona lettura. “Ther-Ha, sapeva di dove gli arrivasse quella certezza. La constatava ogni qual volta comparava i suoi movimenti – per qualsiasi azione da compiere – dettati più da una logica inquadrata in quel meccanismo (che sentiva esserci), contenuto nella scatola della sua testa, che dall’istinto al quale si rifacevano tutte le altre razze viventi intorno a lui. Sapeva che la discendenza della sua specie, si trovava nelle stelle, da dove – era certo – era arrivato il seme, che aveva determinato la sua più rapida evoluzione rispetto agli altri esseri, che pure abitavano quel pianeta. Era sempre rimasto affascinato – guardando il cielo – da tutto ciò che di fantastico vi galleggiava fin dalla eterna nascita del tempo e tutte le volte – con il naso all’insù – non un solo pensiero razionale lo aveva sfiorato. Mai egli avrebbe condiviso (potendolo fare), una relazione del professor Zichichi o di qualsiasi altro luminare e – con tutto il rispetto – nessuna delle loro teorie così umane, così piene di buonsenso e di terrena scienza – tendenti a dimostrare la nostra solitudine cosmica – avrebbe attraversato il vasto spazio delle sua fantasia, fino a convincerlo. Non aveva bisogno – adesso – di vedere le astronavi, per sapere che esse viaggiavano nei cieli, usando un plurale che meglio rende l’idea della vastità interplanetaria. Proprio servendosi di quella possibilità – che il primo barlume di intelligenza gli metteva a disposizione – aveva sviluppato nella sua fantasia, immagini che non appartenevano a nessuna realtà. L’immaginazione, era la prova della sua diversità, unica sul pianeta. Mai – infatti – un brontosauro, una iguana gigante, un qualsiasi canide o anche un elemento della sua tribù, avrebbe potuto considerare di proiettarsi in pensieri contenenti progetti per realizzare una qualsiasi opera dell’ingegno, crearsi delle emozioni (quelle scariche improvvise che acceleravano i battiti di quella strana pompa che sentiva pulsare nel petto), o delle immagini virtuali, seguendo solo il filo della fantasia. No, essi andavano dietro solo a ciò che veniva loro dettato dall’istinto. E così, anche quel giorno – dopo aver divorato carne di tapiro, bruciata al fuoco residuo di un albero colpito da un fulmine – si era sistemato sotto un grande baobab, e – con gli ominidi che facevano parte dalla sua tribù – aveva preso ad ascoltare – nella lingua gutturale, fatta di suoni e articolazioni della glottide (che solo lui era anche capace di emettere, ma che – incredibilmente – gli altri riuscivano a recepire), il racconto della sua diversità, fatto da colui che lo aveva generato (…) 

RadiocorriereTV n° 49 9/12/03