di Don Backy
Prosegue la mia lettera aperta a Mario Luzzatto Fegiz
La scorsa settimana, ho annunciato la voglia di rispondere a una recensione che il giornalista esperto in musica leggera, dott. Mario Luzzatto Fegiz, ha voluto fare su Sette del mio nuovo Cd Signori si nasce e io lo nacqui, unitamente a un altro paio di miei prodotti, il libro C’era una volta il Clan e Clanyricon, l’altro lavoro a fumetti. Questa la lettera che gli ho inviato via e-mail: “Caro Mario, ancora non ho letto l’articolo che mi hai dedicato su Sette. Mi hanno solo riferito di una poco benevola e scarsa considerazione in special modo verso il mio nuovo Cd Signori si nasce e io lo nacqui. In un primo momento ho stentato anche a crederci, stante il fatto che qualcuno mi aveva detto di una tua stima nei miei confronti. Cosa alla quale in verità, avevo creduto, essendo – ormai – uno dei pochi ‘reduci’ di una straordinaria stagione, che ancora non si è dato per vinto e che vuole continuare a credere nella bontà del suo impegno. Da uno che ha contribuito ad assegnare a Sergio Cammariere il premio della critica a Sanremo (sic!), mi sarei aspettato – se non proprio un ‘diamogli una mano, almeno per la sua abnegazione’ – che tu ascoltassi (e non sentissi soltanto) tutto il mio prodotto, che io (e con titoli forse maggiori dei tuoi, avendolo svolto questo mestiere e non solo ‘osservato’), ovviamente giudico BELLISSIMO e ben fatto. È evidente che se la sola critica – in merito ai testi – la evidenzi da una strofetta di, Il mio mestiere (canzone scritta nel I 964 e mai pubblicata, terminata solo recentemente con le ultime due strofe), allora vuol dire che non c’è più speranza. Al di là del fatto che questo particolare brano – anche se in forma divertita e satirico/sarcastica (come è per una sfaccettatura del mio stile del resto – Samba, Ho rimasto, Serenatq,Voglio dormire ecc.) – lo ritengo ASSOLUTAMENTE attualissimo, avendo io – come suddetto – constatato in prima persona quella attualità (e accidenti se è vero: Celentano, Morandi, Dalla, Tony, Cinquetti, ecc.), non mi pare che ascoltando i testi di, Se io fossi amore, di Bar metrò (la quale Gaber aveva accettato di cantare a due voci con me…),di Sulla strada, o anche della stessa Totò, daIl’inconsueto testo – costruito senza usare alcuna retorica – immaginando il grande attore, quasi come una pittura dell’Arcimboldo (ma con altri elementi), ebbene – dicevo – non mi pare che si debba scomodare l’aggettivo ‘imbarazzanti’ (da te usato). Certo, a un Luzzatto Fegiz – chiamato a valutare le canzoni di Sanremo dalla prima fila – posso anche capire che gli siano sembrate tali. A me, invece – ripeto – sono parse assolutamente rigorose nella rima e nella metrica (doti dalle quali le canzoni passate, presenti e future, non dovrebbero mai prescindere) e con concetti – forse semplici – ma mai banali, anzi… Riascoltatele e – se proprio dovessero seguitare a ‘imbarazzarti’, ti consiglio un bel cucchiaione di sale inglese (a te gli amici a Londra non mancheranno) e vedrai che l’imbarazzo passerà in un battibaleno. Per intanto, ti suggerisco – da questo Cd – il brano Vi lascerò, dedicata anche a quelli come te (….)”. Segue.
RadiocorriereTV n° 39 30/ 09/03