Inno nazionale

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Una marcetta un pò fuori moda, ma suscettibile di attualizzazioni

La scorsa settimana, ho iniziato a discettare sul nostro Inno Nazionale e di come il Presidente della Repubblica, Ciampi, ne abbia auspicato e favorito il rilancio. Ci siamo ritrovati a cantarlo in svariate occasioni – anche non ufficiali – e abbiamo riscoperto il gusto di farlo, cercando di mascherarlo dietro un pizzico di sufficienza, ostentata da quelli che sembravano voler dire ” si vabbè tanto sono cose da ragazzi”. Grandi dibattiti sui giornali o in tivvù, hanno coinvolto il nostro inno, come mai non era accaduto: Devo riconoscere che alla maggioranza di quelli con cui mi è capitato di discuterne, Fratelli d’Italia non piace, né musicalmente, tanto meno nel testo, in verità troppo verboso e traboccante di retorica, per quanto – almeno la prima strofa – non mi sembra così terribile. Questa marcetta un pò fuori moda, che a colori non sfumati illustra i tratti meno abbozzati del nostro modo di essere, in effetti è un pò troppo ‘tarazumpa’. Non che gli inni delle altre nazioni non abbiano ridondanze bandistiche, ma – confessiamolo – il nostro esagera un pò. Per quel che mi riguarda lo conserverei, ma proverei a farlo arrangiare ex-novo. Il primo nome che mi viene in mente è Ennio Morricone. Avete presente la colonna sonora di C’era una volta il west, con i vocalizzi di Edda Dell’Orso? Provate a immaginare le stesse sonorità dei violini e quella stessa voce angelica, portate ad un ritmo più lento e marziale – magari modificando la metrica musicale, ‘accorciando’ o ‘allargando’ qualche quarto – che ne dite? Per me potrebbe essere la chiave di volta. Conservare l’inno – al quale ormai siamo affezionati – ma renderlo più consono ai tempi. Mi pare che Morricone abbia l’autorevolezza e la credibilità per proporsi. E passiamo alle parole. Come dicevo, la prima strofa non mi sembra poi così terribile. Purtroppo ci sono le altre, il cui linguaggio obsoleto, crea problemi di ritrovarsi a non capire cosa diavolo si sta dicendo (cantando). A parte che nessuno ricorderebbe mai a memoria quel pò pò di zibaldone in versi (eppure da bambino dovevo averlo imparato a scuola, perché delle reminiscenze ancora mi frullano in testa). cosa fare? Affidare a un novello paroliere anche la stesura di un nuovo testo? Per carità non voglio arrivare a tanto. Suggerisco – invece – di cantare solo la prima strofa, che contiene – tra le altre frasi sempre stimolanti a guardare avanti, come ” Fratelli d’Italia/ l’Italia s’è desta” – anche qualcosa di più ridondante, che – non capisco perché – fa storcere il naso a qualche scettico: …Dov’è la vittoria/ le porga la chioma/ ché schiava di Roma/ Iddio la creò”. Cosa c’è di strano? A me sembra oltretutto che dica cose vere. Non è stata Roma – e quindi l’Italia – in altri tempi, Caput Mundi?Dov’è lo scandalo nell’averlo voluto dire nell’inno? Si sa, un inno cerca di enfatizzare le qualità di un popolo e non è che si può pensare di cambiare le parole a ogni cambio generazionale. Quindi le parole risentiranno del tempo che passa. Si sa: è pur vero che il linguaggio cambia, ma non è sempre detto che quello ‘nuovo’ sia migliore di quello che và… 

Radiocorriere TV n° 30 30/07/02