A esser critici

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Altre riflessioni sulla responsabilità del “recensore” di musica leggera

Ho chiuso la volta scorsa, infervorandomi nei confronti di quel particolare tipo di ‘recensore’, che – dimentico del suo principale compito (valutare la bontà di una canzone – qualsiasi tipo di canzone – anche non rispondente al suo personale gusto), esprima un’opinione da ‘tecnico del settore’, senza entrare in merito dei concetti – anche semplici, ancorché corretti e gradevoli – espressi dagli autori, dal momento che il pubblico fruitore è così ampio, da offrire cittadinanza anche agli amanti di canzoni semplici, tipo: Solo tre parole, sole, cuore, amore, senza che nessuno debba scandalizzarsi. Nei confronti di loro signori ho ancora qualcosa da dire, poiché sono convinto che – con le loro paludate elucubrazioni – i professionisti della recensione col birignao, hanno finito con lo scavalcare quel pubblico, che avrebbero voluto educare verso un mercato più acculturato, attraverso una canzone più ‘ intelligente’, ma dalla quale sono scomparse le pulsioni di un linguaggio genuino e comprensibile, fatto di sentimenti eterni e non solo ‘messaggi impegnati’, criticati con terminologie troppo sofisticate per lasciarle in mano a recensori di – tutto sommato – canzonette. Alcuni si sono fatti prendere da ‘delirium tremens’, quando si è trattato di formulare un giudizio su certi dischi e cantanti dell’ultimo Sanremo. Hanno inventato iperboli, rasentando la perfezione dell’imbecillità in quanto a incensatoria terminologia, così lontana dal linguaggio della ‘base’ (a dirla con loro), incomprensibile ai più. Ma – mi domando – come facevamo noialtri, in quei fottutissimi anni ’60, nel bel mezzo del ‘boom’, a vivere, innamorarci, piangere, gioire, incazzarci o essere felici, senza le illuminanti canzoni impegnate di Vecchioni? Un risultato di questa politica lo hanno ottenuto determinando – con una presa di posizione decisiva – la vittoria di un Sanremo di qualche anno fa, per un gruppo così di nicchia, che mai si sarebbe sognato di vincere un festival così popolare. L’esito ottenuto è stato uno scarso riscontro di vendite e la successiva sparizione dalle cronache del gruppo in questione. Gli autori e i cantanti professionisti, nazionalpopolari della seconda area, sono ormai ghettizzati come portatori di demagogia, vecchi, alla faccia di un progressismo che rispetta il popolo (pubblico) solo quando ama i poeti che partecipano all’esclusivista Premio Tenco, e denigra quello che ama i cantanti e gli autori di canzoni – senz’altri aggettivi roboanti – che prendono parte al Festival di Sanremo, o quelli confinati in un limbo dolciastro e vischioso, richiesti in casi di necessità o per ‘pelose’ rievocazioni di ‘Come eravamo’. 

RadiocorriereTV n° 22 04/06/02