di Don Backy
Quando l’artista resta solo, a pensare, lontano dai clamori e dai riflettori
Oggi analizzo un’altra mia canzone, scritta nel 1980, avendo l’intenzione di mettere a nudo l’anima dell’artista, in un momento topico dell’essere tale. Il momento – cioè – in cui resta da solo sotto la luce dei riflettori. Il brano in questione si intitola – propriamente – L’artista. In esso, ho descritto la parte emozionale dell’essere – appunto- tali. Ho inteso parlare a cuori che – forse – hanno sognato di vivere i momenti trattati nel brano stesso. Forse qualcuno è riuscito a compenetrare queste emozioni e le ha sentite sue, pur facendo un altro mestiere – che so – l’ingegnere, il falegname, il fornaio, avendo- forse – nell’animo, queste emozioni tarpate – chissà – da quale evento contrario a quelle pulsioni. Ho inteso rivolgermi anche a persone semplicemente curiose di conoscere i tumulti che imperversano nell’anima di chi si trova ad affrontare un pubblico, o anche a chi immagina quei momenti come di esclusivo godimento. A parziale consolazione (specie del primo gruppo di artisti mancati), potrei dir loro che – come ogni medaglia – anche questa ha il suo rovescio, e se dovessi scrivere una canzone con le giuste contrarie, non potrei che sottolineare il degrado e gli aspetti più negativi che – oggi – inquinano questa essenza. Sicuramente la mancanza di qualsiasi obbiettivo idealistico/poetico. Tutto è rivolto – ormai – al lucro, al guadagno, ai miliardi. Nessuno più che parta lancia in resta, per cercare di conquistare il mondo con la forza delle sue canzoni, dei suoi colori, senza l’inquinamento dell’obbiettivo ‘arricchimento’. Non vedo più – questo ‘mestiere’ – appannaggio di sognatori (Ali), ma di cinici mestieranti senza più castelli in aria. Scriverei che i tempi sono cambiati e oggi questa dimensione, si è inflazionata. L’artista – quando è tale – ‘sente’ da solo quale è la strada da seguire. Indipendentemente se poi ce la farà o meno. Scriverei di seguire la propria vocazione (quando c’è) e di non cambiare i propri convincimenti. Scriverei semplicemente: non aspettare che altri ti conducano al successo (gli incapaci fanno questo), ma impegnati lavorando sodo, per affermare quello che sei, se ci credi. Non occupare spazio – magari da raccomandato – ad altri che potrebbero avere più meriti e capacità. Fatti una semplice domanda: le spenderesti 40.000 lire per un tuo Cd? E risponditi con onestà. Non fare come certe fanciulle, le quali – con l’unica qualità di un bel corpo e di un bel volto – usurpano il titolo di ‘show girl’ o di ‘attrici’ e poi le vedi soltanto in ospitate inutili, esibire pur piacevoli nudità, ammiccando da calendari/catalogo. Ma se le metti davanti a un microfono sembrano galline, se le fai ballare sembrano ciocchi di legno, se le fai recitare le solite due espressioni: a occhi chiusi e a occhi aperti. Questo è il guaio di tutti i campi dell’arte (in Italia almeno). Di recente (togliendo la Carra, la Cuccarini e la Goggi), una sola ‘artista’ ha meritato questo appellativo di show girl, in maniera lampante. Si chiamava Stefania Rotolo, ma le sue qualità non erano solo quelle di avere un bel corpo e un bel faccino. Prendessero esempio da lei. Purtroppo non c’è più.
RadiocorriereTV n° 27 09/07/02