di Don Backy
La cultura nata in viaggio e tra la gente è la migliore istruzione, anche musicale
Il mio è veramente un mestiere straordinario. Lo affermo, perché è grazie ad esso che – nonostante la mia mai completata istruzione scolastica – sono riuscito ad acculturarmi, comunque, usando il mio girovagare su tutte le strade d’Italia. Ci sono riuscito grazie alla mia innata curiosità, al mio spirito di osservazione e alla istintiva voglia di sapere. Il resto è venuto da se. Volete sapere come? Ebbene, vi racconterò – per esempio – della mia scoperta della Sicilia (durante due tournée nel 1964 e 1969), la quale – fino a quel momento – non era stata che un nome segnato su una cartina geografica scolastica). Sbarcammo a Messina – città luminosa, aperta sul mare – per la prima tappa al teatro Astor. Se non fosse servito ad altro, quel mestiere avrebbe avuto almeno il merito di regalarmi immagini della mia Italia, e un’inconscia cultura da strada, quella che si assorbe attraverso l’impatto con tradizioni, usi, costumi di genti diverse, osservando le bellezze naturali, i monumenti, le absidi, i capitelli, i Cristi lignei in chiese dugentesche di piccoli paesi sconosciuti, e di avermi quindi allargato gli orizzonti, anche senza la conoscenza dei loro autori arricchendomi la mente, ma soprattutto lo spirito. Durante lo spostamento notturno verso Catania mi interessavo – per esempio – di leggerne i nomi, così curiosi e differenti da quelli già incamerati in altre regioni. Passando da Gazzi, gli ovvii commenti si sprecarono. “Ge li abbiamo anghe noi. – ammiccammo beceri in direzione delle cantanti della compagnia. Anche Tremestieri, ci fu chi lo trovò divertente, e poi commentando ogni qual volta ne incontravamo di curiosi o esotici, come: Alì terme, Roccalumera, Giardini, Taormina che finalmente diventava qualcosa di reale e non solo nozionistico, e poi Lapide – dove si gettava il fiume Alcantara, dopo essere transitato – nel suo percorso a esse – tra gole misteriose, rapide, e stalattiti a canne d’organo antiche quanto il mondo. Gli stessi ulivi contorti dai tronchi squarciati – che avevano visto navigare Ulisse – mi parvero arcani abitanti vittime di sortilegi, ai piedi dell’Etna stagliato nell’algida luce lunare. Terra rossa, alte colline di stoppia arsa, strade circondate da alberi di eucalipto e alti ciuffi di finocchio selvatico – soltanto leggermente imbastardito dalla stagione – emananti comunque un profumo dolciastro di cui odorava l’aria, sulle quali il pullman si arrampicò in direzione di Caltanissetta, il giorno successivo..La seconda tappa del viaggio, seguiterà sul prossimo numero.
RadiocorriereTV n° 28 10/7/01