di Don Backy
Continua l’analisi sul calo di “impatto” della kermesse sanremese
Riprendo il filo del mio discorso, tentando di offrire una spiegazione che fosse plausibile (senza pertanto disconoscerne altre), per motivare non tanto il grande calo degli ascolti sanremesi, quanto il perché della perdita di impatto, di considerazione e soprattutto di gradimento – da parte del grande pubblico di acquirenti – verso le canzoni di musica leggera italiana, che non fossero generiste o di tendenza. Dicevamo che il primario interesse delle grandi multinazionali del disco (e non solo), sta nell’impatto promozionale che può offrire la passerella del Festival, a quegli artisti di fama internazionale da loro tenuti sotto contratto. Ovviamente – per non incorrere in contestazioni, polemiche e prese di posizione da parte di chi ha (apparentemente) a cuore la nostra fauna canora, essi hanno bisogno di un aspetto di questa manifestazione – anche se di facciata – che fornisca loro la motivazione affinché la manifestazione possa continuare a fregiarsi del roboante titolo di Festival della canzone italiana. Ed ecco dunque – a mò di parafulmine – la necessaria partecipazione degli artisti italiani, meglio ancora se di medio/basso livello, in modo che i loro protetti, figurino come appartenenti ad un altro livello. A me piace pensare che – proprio per questo motivo – i veri big della musica leggera italiana, hanno cominciato a defilarsi dal contesto sanremese, proprio in quel periodo (metà del 70). A quale scopo rischiare la figuraccia di una eliminazione alla prima serata, oppure di un piazzamento nelle zone basse della classifica, dovendo magari sottostare alla vittoria di uno sconosciuto che sottolineasse vieppiù la sconfitta, oltretutto vedendosi sfilare davanti i cosiddetti super ospiti stranieri a snobbarli come parenti poveri? Negli anni i big consacrati, i Paoli, i Celentano, le Vanoni, le Mina, si sono defilati e così han fatto quelli della seconda ora- i Dalla, i Venditti, i Baglioni, i Ramazzotti , le Pausini, i Rossi, che mai più tornerebbero in gara in un Festival popolato (salvo qualcuno) da comparse ed ospiti stranieri. Venendo a mancare questa materia prima, anno dopo anno gli organizzatori del Festival, sono stati costretti a mutargli faccia, e – per sostenere l’audience (unica prerogativa che attrae gli sponsor) – hanno cominciato ad infarcirlo di qualsiasi personaggio fosse nell’occhio del ciclone, per qualsiasi circostanza. Artistica e no. Allora ecco attricette con deretani senza mutande sotto vestiti trasparenti, modelle straniere – incomprensibili nel loro italiano raffazzonato – tanto imbranate quanto belle, comici di primo piano – ma anche di secondo – con il doppio compito di far ridere, ma anche di presentare il loro ultimo film. Scienziati, improvvisati suicidi, guastatori attaccati a funi volanti e chi più ne ha più ne metta.
RadiocorriereTV n° 14 3/4/01