di Don Backy
Un’ arma efficace in mano al dilettante, ma solo se ben sfruttata
Ho chiuso la volta scorsa accennando alla rivoluzione copernicana che accade a un dilettante che ce l’avesse fatta a entrare nel fatato mondo dell’arte e quindi a diventare a tutti gli effetti un vero e proprio professionista nel suo settore specifico. L’istinto primordiale si trasformerà in calcolo ragionato e la sua arte subirà condizionamenti. In che modo? Per esempio: comincerà a fare calcoli per vero e proprio interesse finanziario, misurerà i pro e i contro di comportamenti, soppesandoli su una bilancia, su un piatto della quale c’è scritto mi conviene e sull’altro non mi conviene, quindi reprimendoli, depurandoli di istintività – necessarie a un artista – che potrebbero risultare un pò indigeste all’ormai individuato target (letteralmente: bersaglio) di riferimento. Abbandonerà la ricerca, l’azzardo, linguaggi, tematiche nuove, gusto della sperimentazione. Ogni canzone, finirà per essere il clone della precedente. Perderà di vista comportamenti naturali, per assecondare il divo – mitizzato da vivo – (magari dopo una sola opera). Sceglierà con cura trasmissioni tivvu, rinunciando ad altre dove magari solo una settimana prima sarebbe andato camminando in ginocchio sui ceci. Comincerà poi a pretendere sempre più attenzioni, arrivando a ostentazioni esagerate, come volere fiori di un certo colore o champagne di una marca precisa, nella sua roulotte/camerino. Si circonderà di gorilla (guardie del corpo), che lo proteggano da assalti. Uno di questi cosiddetti miti, ha intentato causa all’organizzatore di un suo concerto (mio amico), perché prima della esibizione, ha scoperto che sul dépliant dove si pubblicizzava l’evento, la sua foto era stata pubblicata in una pagina, accostata ai nomi dei diversi sponsor della manifestazione, tra cui una pizzeria (scatenatrice delle ire). Il nostro – che un tempo avrebbe cantato anche nella pizzeria medesima, al costo di una Margherita – ha minacciato di non esibirsi ( carino: e il pubblico pagante?) Perché la pubblicazione, gli rovinava l’immagine. Tutto lecito per carità. Il professionista (mestierante), ha degli interessi giganteschi in ballo e bisogna salvaguardarli. Ma dove è finito quell’entusiasta che si esponeva a petto nudo pur di mostrare il suo valore? Ecco perché io non sono mai arrivato ad essere un professionista (di quel tipo), ritenendomi orgoglioso di essere ancora un ragazzaccio, dilettante ed entusiasta, che non ha mai voluto indossare collari, soprattutto per non tradire il proprio credo. Che non è il freddo target, ma ciò che dà emozione.
RadiocorriereTV n° 21 22/15/01