Ineguagliabile Frak

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Quanto è più poetico e duraturo un testo come la canzone di Modugno: con buona pace di certe arie attuali

La volta scorsa ho concluso l’ultimo mio articolo dicendovi che avrei tratto le conclusioni della mia disamina sull’importanza delle parole nelle canzoni e avevo accennato che – come esempio della mia teoria, privilegiante i testi nei confronti della musica – avrei portato una canzone, la quale a mio parere non teme alcun tipo di confronto in nessuno degli aspetti che la compongono. La canzone a sostegno della mia tesi è che quel delizioso quadretto notturno dipinto da Domenico Modugno ne L’uomo in frak. Nella versione da me posseduta – credo sia un provino – si gode un Mimmo che canta accompagnandosi con la sola chitarra e, battendo con la mano un colpo sulla cassa, fa da solo la batteria. Ebbene, nonostante l’assoluta mancanza di effetti strumentali, grazie al testo – una vera poesia perfetta anche nella sola lettura- essa diventa una canzone assolutamente senza eguali: per quello straordinario lirismo che la permea, per quel sapore di notte serena che si riesce quasi a vivere fisicamente e che traspare dall’accattivante, impareggiabile vocalità di Modugno (a proposito, perché non istituire un Premio Mimmo Modugno per il testo più bello e poetico?). Ascoltando L’uomo in frak – nonostante il tema il tema sia a finale tragico – non si riesce a diventare né tristi né, tanto meno, addolorati, quasi che la canzone avesse voluto essere un arrivederci a quello strambo signore di un’altra epoca (cilindro, fiore all’occhiello, papillon); il quale ha deciso in maniera assolutamente cosciente di togliere il disturbo, magari proprio perché – dopo aver vissuto una notte così – niente altro può valere la pena di essere vissuto. L’ho fatta ascoltare, dicevo, ai componenti del mio trio, facendo notare loro la bellezza algida (evocatrice, almeno per me, di alcune delle straordinarie immagini di una Venezia notturna, disegnate non a caso da un altro poeta del tratto che è Hugo Pratt, in Sirat al bundugiyyah) contenuta nella visione liricamente irripetibile che traspare da frasi come : ” La luna s’è incantata, sorpresa, impallidita / pian piano scolorandosi, nel cielo sparirà”. E alla fine ho detto loro: ” Beh, dite un pò quel che volete ma se pensate che sia più emozionante una vita da mediano, io sono Giuseppe Garibaldi“.

RadiocorriereTV  n° 15   11/4/00