Contro “il ghetto”

A cura di Renata Mallia

di Don Backy

Per non essere relegati in particolari riserve ed esprimersi liberamente senza compromessi

Nell’articolo della scorsa settimana, chiudevo con una domanda sul cosa può fare un artista che non volesse accettare troppi compromessi, per affrancarsi da quel limbo di melassa viscosa degli anni ’60, nel quale alcuni di noi sono relegati ( molti con sommo gaudio, dal momento che accettano qualsiasi cosa venga loro proposta pur di apparire in tivvù ), approfittando per rispondere anche a tutti coloro che sono in cerca di mie più frequenti apparizioni in video ( che in parte disattendo di proposito e vi spiego perché ). Ci sono cantanti – anche della mia generazione – decisamente più fortunati di me, la cui indiscussa bravura non giudico – senza falsa modestia – superiore alla mia, in quanto a poetica, attualità di concetti e musicalità. Allora – altrettanto retoricamente – mi chiedo: Perché – ad esempio – l’uscita dei Cd di alcuni di questi artisti, viene presentata come un evento – annunciato addirittura nei telegiornali – mentre io ( o chi si sente emarginato come me) non posso godere di un simile privilegio? E ancora: se a lor detti colleghi, vengono spalancate le porte di trasmissioni tivvù prime time, per quale ragione a me – e ad altri, beninteso – non viene concesso lo stesso trattamento, se non qualche passaggio o in trasmissioni mattutine o pomeridiane, dove – peraltro – ci viene chiesto di cantare solo canzoni del nostro glorioso passato o di trasformarci in pupazzoni/conigli, in verdure/carote, o in pseudo inviati ( alcuni incapaci peraltro di gestire un bench minimo vocabolario, e proprio per questo sono usati)? E’ questo – quindi – l’unico sdoganamento possibile? Francamente, lo ritengo offensivo e ghettizzante. Allora, chi non volesse essere sdoganato così, come può fare a sottoporre il se stesso di oggi al giudizio del pubblico? Qualcuno – tra coloro addetti alle scelte artistiche mass/mediali – si è mai interessato per esempio, a valutare criticamente le mie attuali canzoni? Non dico per capirle, poiché il ‘messaggio’ (concetto) in queste contenuto, è diretto, non mediato o criptato da un linguaggio pseudo-cultural-cantautorale, ma almeno per valutarle, nel rispetto degli spiriti creativi liberi. A questa domanda forse non potrò rispondere nemmeno io, ma cercherò comunque di concludere il mio punto di vista, nel prossimo numero.

RadiocorriereTV n° 23  6/6/00