di Don Backy
Ancora ricordi, tra la felicità di stare insieme e la voglia di creare
Scherzi con il Clan…. scherzi da villan….Dunque: eravamo rimasti al tentativo – di coloro ai quali avevamo distrutto la stanza all’hotel Mediterranèe – di entrare nella nostra, per vendicarsi. Erano momenti di grande felicità nello stare insieme, momenti tesi a provare vieppiù la nostra voglia di essere amici e creativi… Vediamo se e come ci riuscirono. “(….) Io e Dik Marrano ci sdraiammo sui nudi materassi e in quell’istante pallido in cui non si era ancora smarrito il desiderio di pensare all’ultima ragazzo che avevo amato, proprio in quell’attimo, mi sembrò di udire dei colpi di martello provenire dal cortile retrostante dell’hotel. Poi la divinità pagana vinse definitivamente la battaglia. Il giorno seguente – verso l’una – la stanza di Jimmy Cavallo era deserta di lui. La cameriera e un facchino, stavano provvedendo a rimettere in ordine: ” Sapore di sale / sapore di mare / Che hai sulla pelle…” canticchiava lei. Scendemmo nella hall. Il portiere ci disse che Cavallo e il resto del gruppo, erano partiti – senza nemmeno dormire lì – direttamente per Alassio. Ci consegnò con l’informazione, anche un biglietto. Io lo aprii. Vergate con la grafia di Jimmy, solo poche righe: ” Cari pivelli, per la restituzione della refurtiva, rivolgetevi al capo, se vi riceverà, a Milano Marittima”. Non ci mettemmo molto a capire a cosa si riferissero quelle curiose parole. Nel sole accecante del cortile, la mia Emmegi nera risplendeva mandando bagliori in tutte le direzioni. Appena la razionalità si insinuò in quel quid di pazzia, per il quale ogni cosa che facevamo – per quanto folle potesse sembrare o essere – non era altro che la norma, capii. La mia auto se ne stava appoggiata come un fenicottero infreddolito, su una sola ruota. Le altre, mancavano. Avvertii un tuffo al cuore. La mia magnifica saetta di Zeus, azzoppata come un cavallo bolso. Nel tardo pomeriggio il mio umore si aggravò. Raggiungemmo Alassio – e poi il locale – che Cavallo aveva appena iniziato il suo spettacolo. Ci salutò attraverso il microfono: “Ohelà pivelli…”. Noi sparammo con le pistole ad acqua, l’altro scappò inseguito tra ossigenate signore su tacchi a spillo e fasciate nei tailleurini di Shubert, seminascosto dalle loro cotonatissime pettinature a condominio e borsette di Roberta di Camerino. Gli schiamazzi investirono collettoni dalle camicie con il collo alto fino al mento – che conferiva loro l’aspetto di garrotati – i quali si scansarono tenendo rigida la testa per non ghigliottinarsi. Mailand chiudeva la fila. Giungemmo a una tregua, solo per permettergli di terminare lo show (…..)”. Ma nemmeno stavolta finisce qui.
RadiocorriereTV n° 36 4/9/01